AniKult – Laputa: Il castello nel cielo – Il primo film dello Studio Ghibli
Dal 27 luglio al 2 agosto torna al cinema il capolavoro di Miyazaki “Laputa- Il castello nel cielo”, il primo film dello Studio Ghibli.
Laputa – il castello nel cielo è una delle opere più affascinanti di Miyazaki e per una intera settimana è tornato al cinema. Per festeggiare l’uscita dell’ultimo film di Hayao Miyazaki, How do you live?, Lucky Red ha scelto di trasmettere cinque cult anime diretti e scritti dal geniale regista giapponese. Tale iniziativa è stata fatta anche l’anno scorso ed è stata accolta molto positivamente dal pubblico.
L’evento si è aperto con Ponyo sulla scogliera e Kiki-Consegne a domicilio. Si tratta di due storie di formazione sicuramente dedicate a un pubblico più infantile, ma non esenti da tematiche mature e profonde. Nel primo film troviamo temi come l’inquinamento, il rispetto per la natura e la complessità dei rapporti familiari. In Kiki, Miyakazi esplora il tema del passaggio dall’infanzia all’età adulta con semplicità e dolcezza, attraverso la tenacia di una bambina.
Nella scaletta de “Un mondo di sogni animati” seguono, appunto, Laputa: il castello nel cielo e Il mio vicino Tororo, uno dei film più iconici del maestro. Per chiudere con Si alza il vento, una pellicola poetica e accurata dal punto di vista storico.
Proiettato al cinema dal 27 luglio al 2 agosto di quest’anno, Laputa: il castello nel cielo era già stato trasmesso con un nuovo doppiaggio nel 2012. La sua prima apparizione, però, è del 1986 nei cinema giapponesi. Per questo, Laputa è considerato il primo film dello Studio Ghibli, nonostante sia successivo a Nausicaa della valle del vento. Inizialmente Miyazaki era scettico riguardo il successo del film, tuttavia la pellicola fu un grande trionfo al botteghino e venne acclamata dalla critica internazionale. Tale svolta rese lo Studio Ghibli una delle case di produzione più famose al mondo, vincendo un premio come miglior film d’animazione nello stesso anno d’uscita.
La storia del castello nel cielo
Pazu è un orfano che vive e lavora come operaio in una miniera di carbone. Una notte vede scendere dal cielo una bambina, circondata da una luce azzurra proveniente dalla pietra della collana che porta al collo. La giovane si chiama Sheeta ed è fuggita dall’aeronave dov’era prigioniera, approfittando dell’attacco da parte gruppo di pirati dell’aria. I due diventano buoni amici e Pazu racconta a Sheeta di Laputa, una leggendaria un’isola volante che viaggia nel cielo da anni. Pazu è convinto dell’esitenza del castello, perché suo padre riuscì a fotografare di sfuggita l’isola durante una spedizione.
Sheeta, riponendo tutta la sua fiducia in Pazu, gli spiega che la pietra azzurra che porta al collo è dotata di grandi poteri, ma non riesce a controllarli. Sia i pirati dell’aria che gli uomini sull’aeronave, appartenenti all’esercito e guidati dal comandate Muskaa, cercano Sheeta e la pietra, l’unico mezzo che può condurli a Laputa. L’isola volante infatti esiste davvero ma la sua scoperta può rappresentare una grave minaccia per l’umanità.
Gli inizi di Miyazaki e le origini di Laputa
Quando si pensa a Hayao Miyazaki, vengono in mente i film di fine anni ’90 e inizi 2000, come Principessa Mononoke, Il castello errante di Howl o, ancora, La città incantata. Senza dubbio capolavori elogiati dalla critica internazionale e opere celebri del cineasta giapponese, ma spesso si ignorano gli inizi della sua carriera.
Nel 1963, dopo la laurea in scienze politiche, Miyazaki entra a far parte di un gruppo di disegnatori della Toei Animation. Partecipa insieme a Isao Takahata e Yasuno Otsuka alla realizzazione della pellicola La grande avventura del piccolo principe Valiant, in cui Miyazaki si occupa di realizzare alcune sequenze animate e i fondali. Con questo film inizia ufficialmente la grande amicizia e collaborazione tra Miyazaki e Takaha, durata fino alla morte di quest’ultimo nel 2018. Sei anni dopo, lavora come animatore nella pellicola Il gatto con gli stivali dove il volto del protagonista diventa il logo della Toei animation.
Per Miyazaki è importantissimo prendere parte alla realizzazione delle due pellicole per due motivi principali. Prima di tutto, grazie a esse matura il desiderio di creare animazione di qualità, che parlasse sia ai bambini sia agli adulti. In secondo luogo, perfeziona un tratto di disegno morbido e ben definito – diventato, poi, il marchio di fabbrica dello Studio Ghibli.
Infatti, la Toei Animation per i suoi primi film d’animazione realizzava la fisionomia del personaggi ispirandosi al tratto dei disegnatori della Golden Age della Disney. Periodo di cui fanno parte classici come Biancaneve e i sette nani, Pinocchio, Dumbo e Bambi.
Dopo aver lasciato lo studio di produzione, nel 1971 Miyazaki si occupa di dirigere alcuni episodi di Lupin III. Considerato un cult animato, la serie reinterpretava notevolmente il personaggio di Lupin rendendolo più spensierato e ottimista. Nel 1973 Miyazaki inizia a lavorare a tempo pieno per la Nippon Animation, dove, insieme a Takahata, prende tra le mani il progetto e l’organizzazione di Heidi, Marco e Anna dai capelli rossi, tutte serie animate di grande successo.
Il debutto ufficile di Miyazaki come regista affermato nel mondo dell’animazione avviene grazie all’anime Conan il ragazzo del futuro. Liberamente tratto dal romanzo omonimo di Alexander Key, Miyakazi dichiara di aver cambiato la storia perché non gli piaceva la visione pessimistica dell’originale e voleva creare un cartone animato che parlasse di speranza per un futuro migliore.
Su richiesta di Yasuo Otsuka, maestro alla Toei Animation di Takahata e Miyazaki, viene proposto a quest’ultimo di dirigere il secondo lungometraggio del franchise di Lupin. Nel 1979 dirige Il Castello di Cagliostro: il successo è tale da spingere Toshiro Suzuku, all’epoca direttore di Animage, a chiedergli di produrre un nuovo film.
Miyazaki comincia la stesura di Rowlf, purtroppo però, la casa editrice trova il progetto troppo rischioso e lo cancella. L’opera era basata su un fumetto occidentale, anziché su un manga e la storia pareva essere troppo distante a livello culturale per poter essere compresa dal pubblico giapponese. La società, tuttavia, offre a Miyazaki la possibilità di poter creare un manga che, solo in caso di successo, sarebbe stato portato sul grande schermo.
Nel 1982 il maestro inizia la pubblicazione di Nausicaa della valle del vento che diventerà un film nel 1984. L’eroina dichiara ufficialmente la nascita dello Studio Ghibli, che, da qui in avanti, sarà una delle case di produzioni più importanti nel mondo del cinema. Dopo il successo di critica e pubblico ottenuto con Nausicaa, Miyazaki comincia a lavorare con entusiasmo sul progetto successivo: Laputa- Il castello nel cielo.
Miyazaki si assume il compito di curare l’aspetto tecnico e la sceneggiatura del film chiamando a raccolta la vecchia troupe che aveva realizzato Nausicaa.
Per ricreare un ipotetico mondo immaginario del XIX secolo che stava interessando e incantando il Giappone in quel periodo, Miyazaki sceglie di ispirarsi all’Inghilterra Vittoriana.
Per quanto riguarda l’estetica steampunk, è da notare come nei disegni mostrati durante i titoli di testa vengano ricreati i primi passi della lunga storia dell’aviazione mostrando una successione di apparati progettati tra il XVIII e XIX, che non sono mai stati realizzati ma rappresentano apparati che i visionari di quei secoli erano propensi ad immaginare.
C’è da far presente che il Giappone è da sempre affascinato dalla fantascienza. Osamu Tezuka, infatti, all’inizio degli anni Quaranta disegna e scrive la sceneggiautura della “Triologia della fantascienza” composta da Lost World, Metropolis e Nextworld.
Negli anni Ottanta e Novanta, influenzati da autori europei del XIX secolo come Jules Verne, disegnatori e artisti giapponesi si sono lanciati nella realizzazione di anime e manga steampunk descrivendo un’Europa industriale e, in generale, un Occidente esotico.
Ma torniamo a Laputa. Nella parte iniziale del film, Miyazaki riesce a creare un’atmosfera slice of life dedicandosi a momenti di vita quotidiana. Vediamo, infatti, Pazu che suona la tromba all’alba o prepara la colazione, ma sopratutto è un momento di cui il regista approfitta per denunciare come il potere sottomette le persone più umili. Tale intento si vede in una breve scena dei minatori. Per capire al meglio la costruzione di questa scena bisogna fare un passo indietro.
Nel maggio 1985 il cineasta si reca in Galles, nella cittadina di Slagg’s Ravine. Qui Miyazaki assiste a uno sciopero di miniatori di carbone in protesta contro la chiusura delle miniere nel Regno Unito. Anni dopo, Miyazaki dichiarerà di aver provato rispetto verso i miniatori definendoli dei veri e propri combattenti.
Partendo dal titolo della pellicola, il nome Laputa non è affatto nuovo. Era il 1792 quando lo scrittore Jonathan Swift pubblica il suo capolavoro “I viaggi di Gulliver” riscuotendo un grande successo. Miyazaki aveva letto la versione sintetizzata del romanzo di Swift. La lettura non l’aveva particolarmente colpito, però ricordava molto bene il nome dell’isola volante e degli abitanti descritta proprio nella terza parte del romanzo.
“Codesta isola volante si chiamava infatti Laputa, parola di cui volli indagare la probabile etimologia. Mi dissero che nel loro linguaggio antico e ormai disusato Lap significava alto, e untuh governatore: da Lapuntuh, per corruzione, sarebbe derivato Laputa”.
(Da “I Viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift)
Come osservato da alcuni critici, la città di Laputa cela una ambivalenza tra il bene e il male. All’inizio appare come una perfetta combinazione tra scienza e natura e solo in profondità, nel nucleo che funge da cuore pulsante dell’isola volante, si nasconde il suo potere distruttivo.
Il graduale sviluppo estetico del progetto iniziale di Miyazaki per Laputa è documentato da numerosi schizzi e disegni concettuali, oltre che dagli storyboard prodigiosamente dettagliati ispirati alle opere di Pieter Bruegel ed Alan Lee, nonché alla città immaginaria di Minas Tirith.
Invece, la pietra che porta Sheeta affonda le radici nella storia della cristalloterapia. Per secoli infatti pietre e cristalli erano considerati come un mezzo capace di purificazione, o meglio, di protezione per l’anima. Nel caso di Laputa, la pietra racchiude il principio dell’armonia cosmica, creando un forte legame tra il mondo spirituale e fisico in cui abitano gli uomini.
Miyazaki più di una volta richiama la mitologia. Ad esempio, la luce portentosa che segna la fine di Laputa ricorda il fuoco biblico scagliato su Sodoma e Gomorra, mentre quella generata dalla pietra quando il suo potere viene risvegliato sembra fare riferimento al dio Indù dei cieli.
La complessità di Laputa
Nella maggior parte dei film di Miyazaki i bambini giocano un ruolo fondamentale. Possono affiancare i protagonisti, oppure rivestire il ruolo di personaggi principali. Di solito sono simbolo di purezza e innocenza e, allo stesso tempo, sono guidati da una grande forza di volontà. Miyazaki nei suoi film ha sempre cercato di promuovere l’indipendenza dei bambini, raffigurandoli come piccoli eroi.
I protagonisti di Laputa – Il castello nel cielo, Sheeta e Pazu, hanno notevoli somiglianze con Conan e Lana personaggi di Conan il ragazzo del futuro. In entrambi i casi, ci troviamo davanti a piccoli orfani, costretti a crescere in fretta per colpa di adulti potenti, che li usano per sfruttarli o ricattarli a seconda della situazione. Nonostante tutto, riescono a sorridere di fronte alle avversità e mostrarsi coraggiorsi. Tuttavia, non sono invincibili e, in primis, sono ostacolati dai loro limiti.
Altro tema caro al nostro regista è il volo. Le scene più iconiche di Laputa, infatti, riguardano momenti legati al volo. Nella pellicola, Miyazaki ci regala scene di rara bellezza attraverso diverse scene che sono rimaste inconiche.
Ad esempio, le sequenze a bordo del dirigibile, dove i protagonisti ammirano il panorama che li circonda, provando nostalgia di casa o stupore all’idea di scoprire nuovi mondi. Anche il momento della scoperta di Laputa è condito da magia e stupore. Ma è nel finale, che il volo assume un significato di addio e separazione tra il mondo di Laputa e la Terra, mostrando l’isola fluttuare nello spazio.
Il conflitto bellico è un altro tema molto ricorrente nelle opere di Miyazaki. Se in Conan aveva trattato l’argomento mostrando i resti di una civiltà distrutta a causa delle armi dell’uomo, nelle pellicole successive il tema viene trattato mostrando due ideali di pacifismo. Da un lato, i due protagonisti non invocano la guerra e tanto meno cercano di far del male al prossimo. Dall’altro gli antagonisti, corrotti dalla guerra, cercano di giustificare le loro azioni.
L’eredità di Laputa
Come scritto precedentemente, Laputa – il castello nel cielo si rivela a suo tempo un successo di critica e pubblico. Ciò l’ha reso un cult per molte generazioni, nonché fonte di ispirazione per diversi autori, cartoni animati e videogiochi. Mamoru Oshii, Katsura Hoshino, Makoto Shinkai e John Lasseter hanno dichiarato che Laputa è il film dello Studio Ghibli che preferiscono in assoluto.
Non si possono non notare le somiglianze tra Laputa e Nadia e il Mistero della pietra azzurra diretto da Hideaki Anno, giovane allievo di Miyazaki.
Nell’anime dello Studio Gainax si riscontrano diversi punti in comune come la pietra magica che funge da chiave per un mondo misterioso, due giovani protagonisti o l’ambientazione stempunkispirata ai romanzi di Jules Verne.
Inoltre, Laputa costituisce la base stilistica per molti dei film successivi di Miyazaki. La ciurma di pirati ricorda senza dubbio i pirati dell’aria di Porco Rosso o la Dolia che esteticamente ricorda la strega Yubaba de La città incantata. Infine, la tematica del conflitto e l’estetica vengono presi e riadattati egregiamente nel Castello Errante di Howl.
#INBREVE
Laputa: Il castello nel cielo - Il primo film dello Studio Ghibli
Laputa si rivela una bellissima storia d’avventura e formazione dove si rimane affascinati dall’animazione curata e piena di dettagli, ma soprattutto da una storia che riesce ad essere crudele e molto attuale. I personaggi sono tutti memorabili e carismatici, la colonna sonora riesce ad essere poetica e disturbante allo stesso tempo.
Insomma, una delle pellicole meno note del maestro che va assolutamente riscoperta.