AniKult: Perché Akira ci toglie ancora il fiato dopo 35 anni

Akira, 35th anniversary

In occasione del suo 35esimo anniversario, Nexo Digital in collaborazione con Dynit riportano nelle sale italiane (trovate l’elenco completo dei cinema qui) Akira di Katsuhiro Ôtomo. Il 14 marzo il film, restaurato in 4K, è proiettato in lingua originale con i sottotitoli in italiano, invece il 15 marzo è disponibile con il doppiaggio italiano.

Questo è il secondo evento speciale dedicato al celebre lungometraggio. Il primo, nel 2013 in occasione dei suoi 25 anni, aveva raccolto più di 20.000 spettatori, con biglietti andati a ruba e diversi sold-out.


Akira, la nascita di un dio


Anno 1982. La Casa Editrice Kōdansha di Bunkyo (Tokyo) commissiona a Katsuhiro Ôtomo un manga per la rivista Weekly Young Magazine. La rivista pubblica la storia dal 1982 al 1990 e nel 1988 arriva il primo film del franchising. Il successo è immediato sia per il manga (quasi 2 milioni copie vendute) che per il film.

Il manga viene esportato in Occidente, più precisamente in America, grazie alla Epic Comics, etichetta della Marvel Comics. Per renderlo più in linea con i gusti occidentali, la Epic Comics incarica Steve Oliff della colorazione delle tavole e ribalta anche l’ordine di lettura. Sarà questa la base per le successive edizioni e traduzioni.

In Italia, Akira viene pubblicato per la prima volta nel 1990 in 38 volumi seguendo l’ordine di lettura e la colorazione della versione americana. A causa al fallimento della Casa Editrice che aveva pubblicato i primi 36 volumi, la Planet Manga, etichetta della Panini Comics, pubblica gli ultimi due. Nel 1998 la Planet Manga dà vita a un’edizione in bianco e nero composta da 13 volumi,  seguita da una terza edizione con la stessa divisione in sei volumi dell’originale giapponese, dal titolo Akira Collection.

Oltre alle traduzioni e al film dell’88, la Taito per il Nintendo Entertainment System crea una visual novel. Da THQ per Super Nintendo Entertainment System, Sega Mega Drive e Game Boy arrivano altri due remake, ma che non vengono mai pubblicati. Il 1994 vede lo sviluppo di un videogioco action per l’International Computer Entertainment.

Nel 2002 la Warner Bros comunica di aver acquistato i diritti per l’adattamento live action di Akira. Nonostante il susseguirsi di diversi registi, produttori e sceneggiatori, il progetto non vede la luce. Fra i nomi del cast iniziale troviamo il regista Stephen Norrington e lo sceneggiatore James Dale Robinson. Il secondo team del 2008 vede protagonisti il regista Ruairí Robinson, lo sceneggiatore Gary Whitta e i produttori Andrew Lazar, Leonardo DiCaprio e Jennifer Davisson. Purtroppo, anche in questo caso il progetto non ha seguito. Gli ultimi due tentativi risalgono al 2010 e al 2012. A rimpiazzo di Robinson arrivano prima Albert e Allen Hughes e poi Jaume Collet-Serra, mentre Whitta viene sostituito da Mark Fergus e Hawk Ostby.

Nel gennaio 2016 Ôtomo rivela che una serie anime di Akira è allo studio.

La fama del film in Occidente gli vale l’inserimento fra i migliori 100 film in ligua straniera dell’Empire Magazine, mentre la colorazione delle tavole permette a Steve Oliff di vincere il premio Harvey nel triennio 1990-1992. Riconosciuto come un capolavoro, l’opera di Katsuhiro Ôtomo ha rivoluzionato la narrazione cyberpunk ed è diventata una delle pietre miliari nella storia dei manga.


La trama


Akira è un caleidoscopio di colori e scene adrenaliniche, inframmezzate da diversi momenti di silenzio. È nel silenzio dell’esplosione di una bomba atomica che inizia la narrazione. Veniamo, poi, subito catapultati al 2019, 31 anni dopo, in una Neo-Tokyo in cui degrado e scorribande fanno da padroni

Qui facciamo la conoscenza dei membri di una di queste gang: Kaneda (Mitsuo Iwata) leader del gruppo, Tetsuo (Nozomu Sasaki), Yamagata (Masaaki Ôkura) e Kaisuke (Takeshi Kusao).

 

Una sera i quattro affrontano la banda dei Clown e nell’inseguire uno dei rivali,  Tetsuo si stacca dal gruppo finendo per scontrarsi con uno strano bambino dal viso di un anziano. Il violento impatto contro una sorta di barriera protettiva sbalza il motociclista che riporta gravi lesioni. I compagni accorrono sul posto, così come un velivolo dell’esercito dal quale scendono il Colonnello Shikishima (Tarō Ishida) e un altro bambino dal volto anziano di nome Masaru (Kazuhiro Kamifuji).

Prelevato dall’esercito, Tetsuo viene portano in uno strano ospedale, mentre i suoi amici finiscono al commissariato. In ospedale, il Dottor Ōnishi (Mizuho Suzuki) scopre che il ragazzo possiede notevoli capacità psichiche, molto simili a quelle di Akira e informa il Colonnello della possibilità che anche lui possa essere un esper, cioè un essere umano dotato di poteri sovrannaturali. Gli altri, invece, vengono rilasciati e Kaneda trascina con sé una giovane: Kei (Mami Koyama).

Usciti subito dal commissariato, Kaneda inizia a flirtare con Kei, che trova una via di fuga dalle avances del motociclista e sparisce. Poco dopo, durante un attentato in un centro commerciale, i due si incontrano nuovamente e scopriamo che la ragazza fa parte di un gruppo di ribelli rivoluzionari insieme al suo mentore Ryū (Tesshō Genda). Deciso a non lasciarla fuggire di nuovo, Kaneda la segue e finisce nel covo dei ribelli dove viene catturato e apprende che Tetsuo è caduto nelle grinfie del governo. È così che il giovane si unisce al gruppo per infiltrarsi nel luogo dove tengono l’amico e liberarlo.

Nel frattempo Tetsuo si risveglia e comincia ad essere vittima di tremende allucinazioni. È lottando contro di esse, che capisce essere causate da tre bambini misteriosi, e viene a conoscenza dell’esistenza di Akira e si lancia alla sua ricerca, ritenendolo l’unico in grado di fornirgli delle risposte. Durante la fuga dall’ospedale, il ragazzo si scontra con i militari a guardia dell’edificio e li uccide: scopre così di essere anch’egli un esper. Non solo, giungendo in una sorta di nursery, fa la conoscenza dei tre bambini esper: Takashi (Tatsuhiko Nakamura), Masaru e Kiyoko (Fukue Itō).

Tetsuo riconosce in Takashi il bambino dell’incidente in moto e dà vita a uno scontro con i tre per ottenere spiegazioni. Nel mezzo della lotta arrivano anche il Colonnello con i militari, Kaneda e Kei. Ma Tetsuo è in preda a un delirio di onnipotenza e distrugge tutto, uccidendo diversi soldati per poi teletrasportarsi al di fuori dell’edificio. All’interno, i bambini rivelano i piani di Tetsuo e il colonnello fa arrestare Kaneda e Kei.

In cella la giovane spiega al ragazzo l’obiettivo dei rivoluzionari e gli rivela cosa sia il “progetto Akira“, che il governo continua a finanziare sin dal dopoguerra. A quel punto, la porta della cella si apre misteriosamente e i due fuggono. Per le strade è il caos. Tetsuo continua la sua avanzata verso il villaggio olimpico, dove dovrebbe trovarsi Akira. Kaneda e Kei, invece, ritrovano Kaisuke che li informa dell’omicidio di Yamagata ad opera del ragazzo. Grazie ai suoi poter esper, Kiyoko prende il controllo mentale di Kei e Takashi la teletrasporta davanti Tetsuo per fermarlo.

La lotta è violentissima, Kei viene sconfitta e Tetsuo porta alla luce la capsula criogenica di Akira mostrando a tutti che il villaggio non è altro che una gigantesca copertura per gli affari governativi. Il ragazzo allora apre la capsula, ma al suo interno sono presenti solo dei cilindri contenenti gli organi del defunto Akira, che gli scienziati utilizzavano per capire l’origine del suo enorme potere.

Kaneda riesce a raggiungere Tetsuo. Il primo cerca di convincere il secondo a fermarsi e pentirsi delle sue nefandezze, senza successo. Perciò, i due ingaggiano uno scontro durissimo, che si conclude con il colpo di un raggio laser proveniente dal SOL, un cannone satellitare comandato dal Colonnello. Il raggio ferisce Tetsuo, distruggendogli un braccio. In preda all’ira, il giovane vola nello spazio e disintegra il cannone, ma ormai i suoi poteri sono fuori controllo e lo trasformano in un essere mostruoso divora-tutto. Nel tentativo di salvare la popolazione, i tre bambini esper risvegliano Akira, insieme al quale creano una sfera di energia che ingloba Tetsuo e tutta l’area circostante.

Il processo è talmente potente da causare una esplosione che distrugge il centro di Neo-Tokyo. Kaneda, Kei, Kaisuke e il colonnello si salvano, mentre Akira scompare insieme a Tetsuo e ai tre bambini. In un perfetto cerchio, la scena finale ci mostra Tetsuo, che raggiunti poteri divini, in un’altra dimensione dà inizio ad un nuovo Big Bang, pronunciando le parole: “Io sono Tetsuo”.


Non è un film facile


Cercare di inserire Akira in un genere preciso non è semplice. Nei 124 minuti di visione assistiamo alla completa distruzione. Siamo immersi nella cruda violenza che domina il mondo e l’animo umano fino al nuovo Big Bang. Nel mezzo, solo caos.

Ma cominciamo dall’inizio. Anime cult per eccellenza, Akira ha richiesto la partecipazione di dieci delle maggiori compagnie cinematografiche giapponesi per la sua realizzazione. Kōdansha, Mainichi Hosho, Bandai, Toho, Laser Disc Corporation e Tokyo Movie Shinsha si sono unite per finanziare il progetto, costato più o meno un milione di yen (equivalente a poco meno di 6500 mila euro nel 1988), un’enormità per il periodo.

Difficile anche la gestione tecnica del film: 1.300 animatori si sono dedicati alla realizzazione dei fondali e della grafica computerizzata. Per non parlare delle 283 sfumature di colore e i 150.000 trasparenti realizzati per le 783 scene così come Ōtomo le aveva immaginate. Sono state utilizzate anche diverse innovazioni per l’epoca. In particolare, il pre-recording, ovvero la registrazione del doppiaggio nel momento in cui i personaggi sono ancora delle bozze grafiche. Ciò permette di adattare il labiale e i gesti del personaggio alla battuta. Inoltre, il film è uno dei primi casi di film d’animazione in cui l’utilizzo del CGI è notevole.

Insomma, Akira è stato un colosso non solo dal punto di vista della trama, ma anche della sua concreta realizzazione.

Sono molte e complesse le questioni che il lungometraggio mette in campo. Prima fra tutti e più evidente il rapporto fra l’uomo e la scienza, intesa non solo nel suo essere, ma come progresso tecnologico. Inevitabile il contrasto con l’altra forza che domina il binomio: la religione, o per essere più precisi la fede.


“Questa città è un frutto troppo maturo che sta per cadere nelle nostre mani, ed il vento che soffierà si chiama Akira”


Le parole che Nezu (Hiroshi Ōtake) pronuncia sono emblematiche. L’uomo ha intenzione di assumere il controllo di tutto e vuole farlo mettendo le mani su quello che molti considerano un dio.

Infatti, in alcune scene vediamo un personaggio quanto mai ambiguo: il leader di un culto di Akira che fa proselitismo e fomenta la rivoluzione che il Governo cerca disperatamente di sedare. Nel manga, il personaggio si chiama Lady Miyako ed è  l’alta sacerdotessa e leader di un tempio di Neo-Tokyo.

Sempre dal manga scopriamo che poco prima della caduta della vecchia città, era fra i bambini esper presi dal Governo per lo sviluppo di un progetto segreto. Dopo la venuta di Akira e la costruzione di Neo-Tokyo, lei è una dei pochi bambini sopravvissuti e, sfuggita all’isolamento imposto dal governo, fonda un movimento religioso e assume il ruolo di Messia per i suoi fedeli.

Nel film, invece, Lady Miyako assume le fattezze di una fanatica religiosa non meglio identificata, dalla capigliatura afro e la voce maschile che fa dipingere dai suoi seguaci il nome di Akira sull’asfalto. Secondo questo culto estremizzato, Akira è il salvatore, una sorta di Messia/dio che dovrebbe ripulire la Terra dagli individui indegni di abitarlo. Seppur mutando la sua identità, la sua importanza rimane intoccata: la vediamo guidare la folla che segue Tetsuo verso il villaggio olimpico e verso l’involucro criogenico dove sarebbe rinchiuso Akira.

In questo i caso i fedeli cercano di riportare l’ordine sociale richiamando la popolazione alla fede: gli attacchi terroristici non sono altro che estremizzazioni del culto. In senso ancor più generale, essi cercano di/vogliono fermare il progetto governativo di sfruttare l’arma più potente di tutte: l’uomo. Ma non un uomo qualunque, bensì il frutto di sperimentazioni genetiche con poteri paragonabili a quelli di una divinità. La facilità con cui Akira ha distrutto la vecchia Tokyo e la possibilità che una seconda catastrofe avvenga di nuovo per mano sua sono un Big Bang creato artificialmente.


Il progresso distruttivo


Cerchiamo per un momento di collegare i punti. Comprendere fino in fondo il rapporto fra il Giappone e la bomba atomica è un tentativo destinato a fallire. Ciò che possiamo fare è provare ad illuminare questa macchia nella storia mondiale e per farlo dobbiamo richiamare le nozioni di storia apprese tra i banchi di scuola.

Il 6 agosto 1945 alle 8.15 del mattino, Enola Gay sgancia su Hiroshima “Little Boy“, come era stata chiamata la bomba. Pochi giorni dopo, Nagasaki viene rasa al suolo allo stesso modo. Oltre 150.000 persone muoiono a causa dell’offensiva statunitense. Una ferita troppo profonda e ancora sanguinante, impressa tutt’oggi nella mente e nella cultura giapponese. Non stupisce, quindi, che nel 1988il tema sia ancora “caldo”.

È questo il fulcro di tutta la narrazione. Nella sua spasmodica sete di conoscenza e potere, l’uomo si è spinto troppo in là. Il risultato è stato il totale declino della società, lo scoppio della Terza guerra mondiale e la distruzione di Tokyo, proprio a causa dell’esplosione di una bomba atomica

La Neo-Tokyo ricostruita non è altro che il frutto di una politica militare fallita e di un susseguirsi di governi fantoccio che nascondono in realtà l’obiettivo di controllare la forza nascosta in Akira, personificazione della più grande paura del Giappone: una nuova Little Boy. Nel film, infatti, la città viene inizialmente distrutta da un bambino esper, cioè dotato di poteri sovraumani, che causa anche lo scoppio della Guerra.

Nel 2019 la Guerra è conclusa, ma la società ne paga ancora lo scotto.


Bambini violenti


A subire le conseguenze dei tentativi falliti del Governo è proprio la fascia più giovane della società. Ragazzi e ragazze sono immersi sin da subito in un clima di violenza e povertà che instilla in loro un insaziabile desiderio di ribellione. Nemmeno strumenti educativi come la scuola o la famiglia (anche se da alcune scene capiamo che i giovani sono spesso orfani o abbandonati) sono sufficienti ad arginare e a recuperare i casi più disperati. E i ragazzi si riuniscono in bande di motociclisti che obbediscono ad una sola regola: essere il più forte. Anche se questo significa scontri all’ultimo sangue con gang rivali.

Il fenomeno ben si inserisce nella cupa visione di Ōtomo, soprattutto a causa del terrore che negli anni Ottanta e Novanta diffondevano i Bosozoku, termine che tradotto significa “tribù della velocità”. Ma chi sono i Bosozoku?

Queste bande di motociclisti iniziano ad aggregarsi nel clima di tensione della Guerra Fredda. La divisione in due blocchi ha fatto sì che molti Paesi sviluppassero un sentimento antiamericano. Sentimento che, dopo le bombe atomiche, in Giappone prende forma in movimenti di ribellione e idee politiche estreme. Dunque, la nascita di gang di giovani non è altro che un movimento di protesta contro il proprio Paese, colpevole ai loro occhi di non aver reagito alla distruzione portata dagli americani.

La moto diventa il simbolo ufficiale dei Bosozoku. Tutte hanno in comune alcune caratteristiche: sono giapponesi, di grossa cilindrata (Kawasaki Z, Honda CB, Suzuki GS ecc.), rattoppate con elementi eterogenei: sissybar custom altissimi e manubri ape hanger su moto sportive. Spesso vengono montate anche carene da moto sportiva in  posizione molto alta e senza alcuna funzione estetica o di funzionalità. Le moto sono verniciate con colori sgargianti e tappezzate di adesivi, loghi e i simboli più importanti della storia militare e imperiale giapponese. Una delle ispirazioni di questa sottocultura è appunto la figura del kamikaze della seconda guerra mondiale, che si immolava per la gloria del suo paese.

Sebbene in Akira sia utilizzato proprio il termine Bosozoku, nel doppiaggio italiano questa parola è stata tradotta con “centauri”, che rimanda all’ideale di motociclista tipico americano. Nonostante ciò, i protagonisti del film non possono che essere la perfetta trasposizione fittizia dei corrispettivi reali. Unica differenza, appunto, è che i personaggi non sono altro che ragazzini pseudo-liceali che vedono nella moto e nella violenza l’unica strada di sopravvivenza.


Ripartire da zero


Qui si arriva a quello che potrebbe essere considerato il quarto tema fondamentale di Akira: la rivoluzione

Nello scenario di una città smantellata, putrida e violenta, le classi più povere della società cercano di ribellarsi a un sistema dominato da politici inetti e corrotti, che spendono i fondi governativi per i loro affari piuttosto che per la ricostruzione. Proprio i mancati stanziamenti e la lenta, lentissima ricostruzione hanno dato vita al clima di tensione e alla nascita di gruppi terroristici.

Ripartire da zero significa continui attacchi e scontri con la polizia dove i rivoltosi sono presi a manganellate e asfissiati dalle bombe fumogene. Di contro, i ribelli fanno ciò che sanno fare meglio: distruggono la città, mietono vittime negli attentati a luoghi pubblici. A muoverli la forza della disperazione e dell’odio verso un governo sordo alle loro richieste e cieco di fronte alla devastazione che invade le strade cittadine.

Quella di Neo-Tokyo non è una rivoluzione pacifica, di manifestazioni e unione per un futuro migliore, ma è un rimarcare ancor di più le disuguaglianze e la frammentazione della società. Le rivalità fra le bande di motociclisti ne sono un esempio. Le gang, infatti, si sfidano a vicenda per il controllo di certe zone della città e affermare un potere che in realtà è fittizio e temporaneo.

Tutti vivono in una gigantesca illusione. Si lasciano ingannare dalla sensazione di poter plasmare il futuro secondo i propri desideri, quando in realtà esso è assolutamente incerto e impossibile da dominare, soprattutto con la violenza. Ma lo sguardo dell’uomo è miope, non riesce a guardare più in là del proprio naso. Emblematiche sono le figure di Nezu, Kei e Ryū. Nezu (Hiroshi Ōtake) è un politico che in segreto fomenta la ribellione. Purtroppo, anche lui si rivela essere un uomo cinico disposto ad uccidere anche i suoi fedeli sottoposti pur di salvaguardare i suoi interessi economici. Il karma non perdona: la sua cupidigia è ciò che lo uccide.

Il ruolo di Kei e Ryū nel film è stato molto ridimensionato, a causa delle necessità di adattamento cinematografico. Tuttavia, rimangono dei perfetti esempi di cieca obbedienza a un’ideale che intendono raggiungere con qualsiasi mezzo. Non a caso sono responsabili di diversi attentati e morti. Anche loro, però, si trovano ad essere vittime di forze più grandi: Ryū tradito da Nezu, il suo capo, l’uomo che sarebbe dovuto essere il sostenitore più accanito della rivoluzione. Kei invece impatta direttamente con Tetsuo, incarnazione di forze in grado di distruggere tutto in un battito di ciglia.

A cosa servono, dunque, tutti gli sforzi fatti fino a quel momento? La rivoluzione è inutile e destinata a fallire? Il film non risponde, lascia lo spettatore silenzioso davanti alla Creazione, che tutto cancella e tutto ricostruisce.

#INBREVE

AKIRA IN BREVE: UN MONDO CRUDO E VIOLENTO

Akira non è di certo un film di semplice visione. Tra immagini forti e richiami alla situazione socioculturale di un Giappone ancora alla ricerca di un’identità dopo la Seconda Guerra Mondiale, il lungometraggio-capolavoro di Katsuhiro Ōtomo è cupo e desolante, violento e riflessivo. Si tratta di un’opera complessa e affascinante, tutt’ora in grado di colpire per le sue animazioni, nonostante i 35 anni dalla sua uscita nelle sale. Si tratta di una pellicola imperdibile, che vuole celebrare un cinema d’animazione che da sempre sfida i pregiudizi regalando lavori dalla qualità sopraffina e che hanno fatto la storia del cinema.

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