AniKult – Ponyo sulla scogliera: il Bildungsroman animato di Miyazaki
La stagione degli anime al cinema 2023 vede protagonisti alcuni fra i film più belli dello Studio Ghibli. La rassegna di Lucky Red “Un mondo di sogni animati” comincia con Ponyo sulla scogliera.
Gake no Ue no Ponyo compie quindici anni e festeggia con un ritorno al cinema in grande stile. La piccola pesciolina rossa apre la nuova edizione della rassegna firmata Lucky Red che si concluderà il prossimo 30 agosto con Si alza il vento. Ma cosa rende il decimo lungometraggio del grande artista così speciale?
Forse il fatto che, nell’ormai lontano 2008, Miyazaki abbia voluto omaggiare la madre scomparsa da qualche anno creando una storia ricca di personaggi femminili forti e gentili o, magari, l’essere la perfetta rivisitazione de La Sirenetta, una delle più celebri fiabe di Hans Christian Andersen. Qualunque sia la risposta, la storia della soffice Brunilde rimane impressa nel cuore degli spettatori.
Dunque, impossibile non tornare al cinema per vedere ancora una volta il film presentato alla 65esima Mostra del Cinema di Venezia.
La fiaba del coraggio
A differenza di molti dei precedenti lavori dello studio Ghibli e di Miyazaki, sin dai primissimi momenti Ponyo sulla scogliera risulta chiaramente come un film rivolto ad un pubblico di bambini. Caratteristica evidente sia nella forma che nel contenuto.
La prima caratterizzata da disegni molto semplici, ma non per questo banali, e dei colori pastello, i quali riconducono immediatamente ad un’estetica “infantile”. Per quanto riguarda il contenuto invece: non è altro che una grandissima fiaba che, trattando svariati temi, pone al centro la relazione tra due bambini.
Ponyo sulla scogliera si apre con una sequenza ambientata nelle profondità marine. Nello svolgimento di quest’ultima ci vengono presentati due tra i principali personaggi del film: Brunilde/Ponyo, ovvero la protagonista dell’opera, e suo padre Fujimoto colui che può essere identificato come antagonista del film. Vengono presentati in modo particolare, con una sequenza di oltre 4 minuti senza dialoghi. Qui a fare le presentazioni sono la musica e, soprattutto, le illustrazioni.
Come appena accennato, il film si apre con un’inquadratura nelle profondità dell’oceano e qui vediamo per la prima volta Fujimoto, intento a trafficare con quelli che sembrano essere strumenti pseudo scientifici. Appare calmo, misurato e dà l’idea di essere in pieno controllo di tutto ciò che gli accade intorno. In un campo lungo lo vediamo, sulla sinistra nell’inquadratura, circondato da una bolla di luce e con tutte le linee di fuga che portano l’attenzione alla sua figura. Le note che lo accompagnano sono basse e aiutano ad inquadrare il personaggio come figura autoritaria.
Contrapposto alla figura di Fujimoto e alla sua presentazione, c’è quella di Ponyo. La protagonista viene introdotta come una creatura goffa, sia nell’estetica che nei movimenti. Subito, il suo modo di muoversi in maniera circospetta, evitando di essere scoperta dal padre, ci permette di capire il suo spirito ribelle e l’innata curiosità. Il suo personaggio è accompagnato da note più alte e vivaci e dal ritmo più incalzante.
Questa introduzione presenta in modo perfetto l’essenza di questi due personaggi, il loro ruolo e anche qual è il loro rapporto. Chiaramente tutti questi aspetti verranno poi sviscerati e approfonditi nel corso del film, ma questa sequenza, così chiara e dettagliata, potrebbe già funzionare come corto.
La storia prosegue con l’allontanamento di Ponyo da Fujimoto e, una volta arrivata sulla terra ferma, il suo incontro con Sosuke, un bambino di 5 anni. Da qui si svilupperà il loro rapporto e quello che è l’accenno di un, acerbo ed infantile, amore. Tra i due si frapporrà proprio Fujimoto, volenteroso di riportare Ponyo nelle profondità.
Dopo essere stati separati, in un primo momento, la piccola protagonista cercherà di riunirsi a Sosuke. E qui abbiamo la seconda scena cardine, nonché la più iconica, del film: la corsa di Ponyo/Brunilde sulle onde del mare.
I riferimenti in questa scena sono molteplici: partendo da Wagner e alla sua Cavalcata delle Valchirie, non si può non pensare ad un parallelismo con Apocalypse Now di Francis Ford Coppola. Ma in questa scena è chiaro anche un auto citazionismo da parte dello stesso Miyazaki. I riferimenti a Il mio vicino Totoro e alla corsa del gattobus sui fili della corrente, o le corse di Arsenio Lupin tra i tetti in Lupin III – Il castello di Cagliostro.
Quello che rende questa sequenza iconica è sicuramente la sua messa in scena a dir poco incredibile. Quest’onda anomala che sembra quasi prendere vita e lanciarsi all’inseguimento di Sosuke e sua mamma, trasmette allo spettatore un senso di inquietudine. A rendere questa sensazione più forte sono le tonalità scure, la quasi totalità delle inquadrature che sono letteralmente sommerse dall’acqua e una musica dai toni epici. In totale antitesi a tutto questo, vediamo emergere tra le onde Ponyo. La bambina col suo vestito di un rosso sgargiante, in contrasto coi toni freddi e scuri della scena, che corre a una velocità incredibile e con una tranquillità disarmante su queste onde anomale, nel tentativo di ricongiungersi col suo amico.
Da questo momento in poi Ponyo e Sosuke non si separeranno più. Intraprenderanno la loro avventura e lo faranno da soli. Senza l’aiuto delle figure adulte e inizieranno così il loro percorso di crescita e maturazione che si concluderà in un commovente finale.
In una nota di regia per l’uscita del film, Miyazaki aveva detto:
“Questa è la storia di Ponyo, una pesciolina marina che lotta per realizzare il sogno di vivere con un bimbo di nome Sosuke. Ma è anche la storia di come un bambino di cinque anni riesce a mantenere una promessa solenne. Ponyo sulla scogliera porta La Sirenetta di Hans Christian Andersen nel Giappone contemporaneo. È una fiaba avventurosa sull’amore infantile”
Miyazaki fra Wagner e Andersen
Non è certo un mistero che Hayao Miyazaki abbia sempre dedicato i suoi lungometraggi alle giovani generazioni, in particolare ai piccolissimi, e Ponyo non fa eccezione. In un vecchio articolo, Gualtiero Cannarsi – direttore del doppiaggio di diversi film dello Studio Ghibli – ha riportato le parole del cineasta:
“Ho fatto questo film con l’intento di renderlo comprensibile a un bambino di cinque anni, anche se un cinquantenne non potesse capirlo. Guardando i bambini all’asilo, a cinque anni hanno grandi capacità di comprensione linguistica e intellettiva, solo che non riescono ancora ad esprimerle con le parole. Mi sono impegnato per fare un film che possa essere compreso da bambini di cinque anni. Loro non guardano con la logica, ma con il sentimento. Tuttavia, non è stato semplice”.
È probabile che un bambino di cinque anni non possa cogliere i riferimenti letterari che collegano l’opera dello Studio Ghibli a due dei più importanti artisti dell’Ottocento. Ma se un bambino guarda con gli occhi del cuore, un adulto non può lasciarsi sfuggire tutte le tematiche che si celano dietro la storia di un bambino e della pesciolina che voleva diventare umana.
Un romanzo di formazione animato
Il romanzo di formazione – o Bildungsroman in tedescco – è un genere letterario che ruota attorno alla crescita personale dei protagonisti. Ai più grandi potrebbe venire in mente il fantomatico libro Cuore di Edmondo de Amicis o Il giovane Holden di Salinger, ai più giovani Noi siamo infinito o, banalmente, Harry Potter.
Diversi sono i temi che si intrecciano in questo tipo di romanzo: il confronto/conflitto con i genitori, le prime vicissitudini sentimentali, l’allontanamento dalla famiglia, diventare responsabili rimediando ai propri errori e conquistando la propria autonomia. Questi sono solo alcuni dei passi che i protagonisti compiono per arrivare all’età adulta.
I romanzi di formazione hanno accompagnato generazioni e generazioni di lettori permettendo loro di immedesimarsi nelle storie e trarne consigli e insegnamenti su come affrontare le sfide che la vita, di volta in volta, mette sul cammino. Nel 2023, magari, questi romanzi non vanno troppo di moda, ma la loro influenza ha contagiato anche l’animazione.
Ponyo sulla scogliera è un romanzo di formazione animato a tutti gli effetti. La piccola Brunilde è una moderna Pinocchio che, per la prima volta, ha a che fare con l’amore e l’amicizia per un bambino umano, Sosuke. Sono questi sentimenti puri e innocenti che fanno crescere in lei il desiderio di diventare umana, vivere con il suo amico e lasciare la sua famiglia per dedicarsi alla propria vita.
Diventare schiuma di mare, dire addio al mondo fino ad allora conosciuto, rinunciare a tutto, persino al proprio nome. In una parola: coraggio. Ponyo sulla scogliera è la fiaba del coraggio, del prendersi la responsabilità dei propri errori e cercare di porvi rimedio. Da qui la rinuncia del proprio nome. Brunilde è una bambina piccola che guarda il mondo con occhi curiosi e si mette nei guai, Ponyo è una ragazzina che si impegna, che cerca la propria strada ed è intenzionata a percorrerla a qualsiasi costo.
Sebbene ciò significhi scontrarsi con il padre, lo stregone Fujimoto, intenzionato a riportarla in fondo al mare e liberare il mondo dalla piaga dell’umanità. Ovviamente la pesciolina non è l’unica ad attraversare un processo di crescita. C’è Sosuke a tenerla per mano. Infatti, anche il bambino subisce un’evoluzione durante il film.
Motore delle sue azioni è senza dubbio la promessa fatta a Ponyo di prendersi cura di lei. Senza l’aiuto della madre o del padre, il ragazzino deve cavarsela da solo in una situazione critica – come l’allagamento della costa – e allo stesso tempo occuparsi della bambina. Essere responsabili e coraggiosi, però, non vuol dire essere indistruttibili. Il pianto liberatorio di Sosuke esprime perfettamente il concetto. Non può esistere coraggio senza paura e non può esserci forza senza debolezza. Un attimo per tornare il bambino bisognoso delle attenzioni materne, per poi dimostrare tutta la maturità conquistata nel finale.
I due bambini, così, si fanno forza a vicenda imparando a superare insieme gli ostacoli, consolandosi quando necessario e supportandosi vicendevolmente. Al contrario di altri suoi film, come ad esempio Nausicaa della valle del vento o La Principessa Mononoke, Miyazaki sceglie di raccontare una storia sulla crescita. Non ci sono buoni o cattivi, soltanto due protagonisti che giungono alla comprensione dei propri sbagli e desideri.
La Sirenetta
Spuma marina, uno stregone, l’amore fra un umano e un essere marino. Forse questi elementi hanno già suscitato qualche vago ricordo. Come anticipato, nello scrivere la sceneggiatura, Miyazaki stesso si è reso conto di quanto la storia de La Sirenetta di Andersen lo avesse influenzato:
“Quella storia deve essermi rimasta dentro in un modo che non avevo immaginato – ha detto Miyazaki – ho capito che aveva influenzato la sceneggiatura di Ponyo solo dopo averla scritta. Ricordo che fin da piccolo mi chiedevo ‘Perché gli uomini hanno un’anima e gli uomini-pesce no?”.
Tanto Ariel quanto Ponyo compiono enormi sacrifici per seguire il cuore e trovare la felicità. Entrambe si trovano davanti a una scelta: ritornare al mare o iniziare una nuova avventura. Mentre La Sirenetta è una fiaba dalle tinte fosche e decisamente poco infantile, Ponyo catapulta lo spettatore in un mondo onirico, un sogno dai colori pastello e governato dai sentimenti più puri.
Le differenze sono evidenti: La Sirenetta è una fiaba dominata dal dolore. La morte della madre accompagna Ariel fin dall’infanzia, mentre l’iperprotettività del padre impone così tanti limiti che la ragazza è prigioniera di una gabbia dorata. È doloroso anche l’amore per Eric, il bel principe umano che vive sulla terraferma, un luogo a lei inaccessibile, che la costringe al primo sacrificio. Ottenere delle gambe in cambio della voce. Ma ogni passo sulle nuove gambe sarà come essere trapassata dai coltelli e non potrà più tornare a essere una sirena, e la perdita della voce renderà impossibile parlare con lui e così confessargli il suo amore. A peggiorare le cose, gli avvertimenti della Strega del Mare, diventare umana ha un prezzo: se il principe sposerà un’altra, il mattino dopo le nozze Ariel morirà di crepacuore trasformandosi in schiuma di mare.
Ponyo sulla scogliera, invece, è dominata dalla fantasia tipica degli occhi dei bambini che guardano il mondo in un modo tutto loro. La magia permea ogni cosa e tutti i personaggi ci nuotano dentro. Ci sono pesci parlanti, uno spirito del mare tanto potente quanto gentile, un mago e un pesciolino rosso che si trasforma in bambina. Persino l’inondazione è un momento di inizio: tutti possono ricominciare da zero rispettandosi gli uni gli altri e rispettando la natura. Tutto è lineare e semplice.
Non ci sono ricatti né inganni. Persino i tratti del disegno dei personaggi esprimono questa semplicità. È una fiaba e come tale deve essere immediatamente compresa dai più piccoli, deve permettere loro di imparare senza spaventarli o turbarli. Per questo motivo, le 170 tavole che compongono il lungometraggio si susseguono in maniera armoniosa e senza troppi particolari. Se Il Castello Errante di Howl era un tripudio di dettagli e opulenza, Ponyo è l’emblema del minimalismo. Solo i fondali rivelano l’attenta cura del maestro, che ha voluto occuparsi personalmente dei disegni insieme al suo team.
Un amore infantile sulle note della Cavalcata delle Valchirie
L’altro grande riferimento di Miyazaki è Richard Wagner, compositore tedesco scomparso nel 1883. È a lui che il cineasta giapponese si è ispirato per il nome della sua protagonista.
Brunilde, infatti, è l’eroina della Canzone dei Nibelunghi e della Saga dei Volsunghi, guerriera dall’immensa forza. Brunilde è conosciuta per essere una valorosa valchiria, dotata di enorme intelligenza, coraggio e determinazione. In sella al suo cavallo, scorrazza per i campi di battaglia scegliendo l’anima dei guerrieri più valorosi per condurli nel Valhalla.
Sebbene una bambina di cinque anni sembri non avere nulla a che fare con una donna feroce in armatura, molti tratti caratteriali le accomunano. Animate, come già detto, da un coraggio oltremisura, non temono il sacrificio né l’incertezza del futuro, ma sono consapevoli artefici del proprio destino. Mentre Brunilde – nella Canzone dei Nibelunghi – è artefice delle sfide che i suoi pretendenti devono affrontare per riuscire a sposarla, Ponyo insegue la sua curiosità e lega profondamente con Sosuke.
Emblematica la “cavalcata” sulle sorelle di Ponyo divenute imponenti onde , esattamente come le valchirie dei racconti mitologici norreni. È da questa immagine che il maestro vincitore del Leone D’oro alla carriera ha scelto il nome della protagonista del suo film.
Ponyo domina la potenza del mare, corre sopra le onde che sommergono la zona costiera. Ed è il mare l’altro grande protagonista di questa storia. Come sempre nei film di Miyazaki, l’ambientalismo si intreccia strettamente alle vicende dei personaggi. Per tutto il film, infatti, vediamo rifiuti gettati ovunque e che, inevitabilmente, vengono ripescati dagli stessi umani. È in un barattolo di marmellata gettato nel mare che rimane incastrata Ponyo e dal quale, per pura gentilezza d’animo, Sosuke la libera.
Incarnata dalla figura di Fujimoto, la natura si riprende sempre ciò che le viene sottratto. Il padre stregone rinnega la razza umana a causa della devastazione e dell’inquinamento e cerca un contatto più intimo con il mondo naturale, appunto, scegliendo di sprofondare negli abissi marini. Il mago vuole riappropriarsi della ricchezza del mare creando una pozione, che, di contro, potrebbe far scomparire gli umani.
Ponyo sulla scogliera porta sullo schermo una tragedia, ma senza spettacolarizzazioni o patetismi. Miyazaki vuole trasmettere un messaggio positivo: anche se eventi tragici possono avvenire in qualsiasi momento, i giovani sono la chiave per un futuro migliore. Non a caso, dopo lo tsunami del 2011 che ha causato oltre 13 mila morti, il fondatore dello Studio Ghibli ha finanziato parchi giochi e proiezioni dei suoi film per ridare serenità e speranza a tutte le famiglie e i bambini sfollati.
Nel cinema di Miyazaki, bambini e ragazzi sono gli unici a potersi contrappore a un mondo adulto, che ha perso la spontaneità e la bontà. Dove gli adulti si lasciano dominare dal capitalismo, dalla frenesia del lavoro e dall’aggressività, le generazioni di più piccoli rimediano con la purezza delle loro azioni. E con la giusta educazione queste generazioni salveranno il mondo. In accordo con le parole di Andrea Fontana nel suo articolo pubblicato sul sito ufficiale di Lucky Red:
“La grandezza di Ponyo sulla scogliera, dunque, sta proprio nel suo saper affrontare con coraggio e in una forma propositiva, drammi più o meno contemporanei, trovando il perfetto equilibrio fra fiaba, meraviglia e ottimismo”.
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L’articolo è stato realizzato in collaborazione con Filippo Decise.
#INBREVE
Ponyo sulla scogliera è la perfetta unione fra sogno e realtà
Con Ponyo sulla scogliera si conclude il ciclo specificatamente dedicato all’ambientalismo dal maestro Miyazaki. Differenza essenziale con i film precedenti è l’atmosfera più gioiosa e serena che permea il lungometraggio. Nessun pessimismo apocalittico come in Nausicaa della Valle del Vento o ne La Principessa Mononoke: qui il disastro non porta alla distruzione totale, ma al trionfo di sentimenti puri e incontaminati.
Dal disegno minimalista ai colori pastello, il film è un susseguirsi di scene armoniose, fiabesche, a tratti divertenti e commoventi allo stesso tempo. Ogni scelta è stata fatta in funzione del suo pubblico: i bambini. E bambini non potevano che essere i due protagonisti, i quali con il loro affetto genuino sono riusciti ad affrontare un percorso di crescita interiore e decidere il proprio futuro.