Demon Slayer 3, la recensione: un caos dalle mille luci
La terza stagione dell’anime Ufotable è divisa tra omogeneità ed eterogeneità, a cui si aggiunge un insolito trattamento del protagonista.
Le avventure di Tanjiro, Nezuko e tutti gli altri ammazzademoni proseguono nella terza stagione, trasmessa su Crunchyroll dal 3 aprile 2023 al 18 giugno dello stesso anno. Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba Swordsmith Village Arc (Il Villaggio dei Forgiatori di Katana in italiano) pone i protagonisti in un conflitto sempre più ampio e sfrutta le animazioni dello studio Ufotable per valorizzare al meglio il manga di Koyoharu Gotōge.
Tuttavia, il primo episodio (Il sogno di qualcuno, della durata di quarantanove minuti) ha debuttato ben prima del 3 aprile: i fan, infatti, hanno avuto l’occasione di guardarlo dal 2 marzo 2023 in cento sale italiane insieme alle ultime due puntate della stagione precedente (Non mi arrenderò mai, Se anche mi reincarnassi diverse volte). A proposito: se non l’avete ancora letta, ecco la nostra recensione del film di Demon Slayer.
Come riassumere questo nuovo, complesso arco narrativo? Indubbiamente, la prima caratteristica che salta all’occhio è l’eterogeneità degli eventi narrati: a fronte di un’iniziale omogeneità, nella seconda parte assistiamo a un gran numero di combattenti, scontri e rivelazioni, con pochissimi artifici a riassumerli in un ordine prestabilito – ma questo è altresì un vantaggio, come vedremo in seguito. Lo stesso vale per il rinnovato tono della storia. Quanto a Tanjiro, il destino del protagonista corre su un doppio binario: da un lato viene enfatizzato allo sfinimento fino a postulare svariate versioni; dall’altro viene “mitigato” per lasciare spazio agli altri personaggi e alle relative backstory.
Tra passi avanti e (pochi) passi indietro, analizziamo gli undici episodi che costituiscono Il Villaggio dei Forgiatori di Katana.
Temprato dal fuoco
Anticipata dal titolo, l’ambientazione dell’arco narrativo coincide col Villaggio dei Forgiatori di Katana, un idilliaco borgo che, governato da Tecchi Tecchikawahara, presenta case in legno e una natura rigogliosa (con tanto di sorgenti termali). Lì Tanjiro ha l’occasione di stringere legami con vecchie conoscenze e affinare le tecniche di lotta.
In compenso – come approfondiremo nell’ultima sezione – il protagonista viene eclissato in favore non soltanto degli altri ammazzademoni, ma anche dei forgiatori stessi: Hotaru Haganezuka, Tecchin Tecchikawa, Kotetsu e i restanti artigiani manifestano un approfondimento psicologico via via più spiccato, a dispetto delle maschere rosse che indossano costantemente sui loro volti. Abbiamo perfino l’occasione di osservare il loro ambiente di lavoro, costituito da acciaio, martelli, fucine e tutti gli altri strumenti in grado di offrire le armi più letali possibile.
Peccato che non tutti ne valorizzino il mestiere. «Il tempo di un Pilastro ha un valore completamente diverso dal vostro» dice Tokito Muichiro, il Pilastro della nebbia. «Voi forgiatori non potete combattere. Non potete salvare vite. L’unica cosa che potete fare è forgiare le katana». Al contrario, Tanjiro accorre in difesa di Kotetsu e della rispettiva gilda. «Abbiamo bisogno dei forgiatori di katana!» esclama. «Il loro lavoro è importante! Sono persone che hanno capacità straordinarie. Pensaci, se non ci fossero loro a forgiare le nostre katana, noi non potremmo fare niente». O ancora, in un’unica, lapidaria frase: «Spadaccini e forgiatori hanno bisogno gli uni degli altri. Quindi stiamo tutti quanti combattendo».
In tal senso concorrono le esposizioni delle backstory dei personaggi, simboleggianti l’importanza di ogni singola fase in relazione al risultato finale; in altre parole, tanto gli ammazzademoni quanto le Lune Crescenti sono stati temprati dalle difficoltà passate fino a rinascere in una versione più forte, più matura – più dura, ricollegandoci al gergo delle fonderie. Se in bene o in male… il risultato appare sotto gli occhi di tutti, giusto?
Probabilmente sono Tokito e Genya ad avere le backstory più tragiche. I loro trascorsi passati elevano il dramma dell’opera di Gotōge a un livello ancora più alto, se possibile, pur scontando alcuni difetti: basti pensare al retroscena di quel personaggio esposto in un momento tanto opportuno… Ai fini della nostra analisi, però, l’importante è evidenziare il doppio collegamento assicurato dalla dinamica: in primo luogo, con la creazione delle katana; in secondo luogo, col “passaggio del testimone” dai forgiatori ai combattenti.
Più in generale, il binomio katana-passato ha un vantaggio ulteriore: porre Tanjiro in un contesto di preparazione. Così come il celebre protagonista di Demon Slayer perfeziona le tecniche di lotta attraverso un insolito allenamento, gli altri personaggi e le armi stesse scontano il fuoco (metaforico e non) per aumentare a dismisura il proprio potenziale; in termini figurativi, è come se Tanjiro affinasse giorno dopo giorno la lama qual è il suo carattere. Un elemento dall’indubbia coesione, ma alleggerito dall’eterogeneità che approfondiremo nella prossima sezione.
Pilastri, serpenti, umorismo
Perché definire la terza stagione come eterogenea?
Se Mugen Train ha introdotto svariati elementi legati al mezzo di locomozione (Enmu coi relativi biglietti, la velocità di Akaza, la sonnolenza dei passeggeri, i riferimenti cyberpunk) e l’Entertainment District ha elevato il piacere a tema portante (l’erotismo, la riproduzione, le donne, il rapporto tra bellezza e bruttezza), Il Villaggio dei Forgiatori non riesce a mantenere un’omogeneità altrettanto evidente, e, anzi, trasforma la caratteristica opposta nel vantaggio principale.
Ne deriva un generale senso di “accelerazione”, nel quale la mente dei personaggi (e del lettore) deve assimilare le numerose novità nel minor tempo possibile – la dinamica viene simboleggiata nell’episodio tre, quando il passaggio dalla calma alla tempesta avviene pressoché istantaneamente. Ancora, a suggerirla è il gran numero di ammazzademoni e Lune Demoniache, i quali sono impegnati in un combattimento “totalizzante” e diluito su molteplici fronti. Riguardo la lotta, poi, l’eterogeneità diventa addirittura maggiore: in un’opera basata sull’artigianato rurale, sul codice bushido e su spade di tutte le tipologie, l’introduzione di una pistola e di una bambola meccanica non risulta affatto scontata.
Inoltre, qual è il collegamento tra i Pilastri e il villaggio? Kyojuro Rengoku veicolava al meglio il “carbone ardente” del treno Mugen, mentre Tengen Uzui agiva in modo tanto fascinoso e «sgargiante» da rimandare istantaneamente alla vita notturna; al contrario, l’impassibilità di Muichiro Yokito, l’empatia di Mitsuri Kanroji e l’impulsività di Genya Shinazugawa spartiscono ben poco col contesto narrativo, così come con la forgiatura delle katana. Lo stesso vale per le peculiarità delle Lune Crescenti. Al riguardo, Gyokko è più un pesce o un rettile? Verrebbe da pensare il secondo, considerando la muta della sua pelle… ma il buonsenso ci suggerisce il contrario. In compenso, sia Gyokko che Hantengu hanno poteri e aspetti fisici talmente “scomposti” – fermiamoci qui per non incorrere nello spoiler – da elevare l’eterogeneità a emblema della stagione.
Alla luce di considerazioni simili il lettore potrebbe immaginare un arco narrativo più cognitivamente impegnativo degli altri, ma non c’è niente di più sbagliato: vuoi per attutire la tendenza, vuoi per il cosiddetto “amore ritrovato” di cui parlavamo nella recensione del film, i nuovi episodi fanno un ampio utilizzo dell’umorismo. Siparietti, offese sarcastiche ed equivoci imbarazzanti sono all’ordine del giorno, col vantaggio di rendere più coesa la presenza del divertentissimo Pilastro dell’Amore. Incredibile a dirsi, la comicità riuscirà a farsi strada perfino in un combattimento!
Ecco spiegati i pregi di una soluzione simile, enfatizzati dall’atmosfera di “caduta” che conduce via via verso il gran finale; similmente, Tanjiro e gli ammazzademoni in generale si ritrovano ad assimilare competenze via via più tecniche. Purtroppo, però, un’eterogeneità simile non riesce a ottenere il valore aggiunto per antonomasia: tradire le aspettative dello spettatore. La narrazione degli undici episodi è speculare a quella dei precedenti, e, salvo una sensazionale, oculata innovazione, mantiene un esito prevedibile dall’inizio alla fine.
Personaggi “sdoppiati” (ed eclissati)
Appurata la forgiatura di numerose katana e la diluizione dello scontro in molteplici scenari – Tanjiro e Genya contro Hantengu, Tokito Muichiro contro Gyokko, Mitsury Kanroji contro Zohakuten –, il tema del “doppio” è preponderante nella terza stagione della serie; eppure l’anime attua un’operazione ancor più ambiziosa: duplicare i personaggi, con particolare riferimento al protagonista Tanjiro.
Egli, infatti, entra in contatto con un sosia sia nel flashback passato che nel combattimento al villaggio, a cui si aggiunge un nemico dall’aspetto incredibilmente simile. La dinamica esprime due idee principali: da un lato, come un certo carattere non presupponga per forza di cose un determinato sviluppo; dall’altro, la possibilità che ciascuno di noi ha di scegliere il proprio destino. E se Tanjiro, a seguito della tragedia del primo episodio, avesse deciso di trasformarsi in un demone – fisicamente o meno?
Il tema si ricollega a quello della puntata 02×10, Non mi arrenderò mai. «Se ci fossimo trovati in una situazione anche solo un po’ diversa» affermava Tanjiro di fronte a Gyotaro e Daki, «forse lo sarei diventato davvero. Sono stato fortunato a poter restare umano. Ma forse avrebbe potuto esserci un futuro in cui saremmo stati entrambi demoni». Ancora una volta, Demon Slayer coglie l’occasione per spingere lo spettatore a interrogarsi sul libero arbitrio di se stesso e del prossimo.
Altrettanto “sdoppiati” sono Genya (diviso tra umano e demone), Tokito Muichiro (con un fratello gemello), Mitsuri Kanroji (alla ricerca di un’apparenza che mal si addice al suo carattere) e le due Lune Crescenti: Gyokko è per metà pesce e per metà rettile, mentre Hantangu sfrutta la duplicazione per mettere a dura prova gli ammazzademoni – senza contare l’idra dalle molteplici e intercambiabili teste. Non vale lo stesso per i forgiatori di katana, in un certo senso? Più di una volta lo spettatore si chiederà se le sensazioni trapelino dal volto o dalle maschere rosse sopra di esse. Perfino Nezuko incorrerà in un inaspettato, commovente destino, perfetto per enfatizzare la duplicità che risiede in ciascuno di noi; il tutto a veicolare interessanti sfumature psicologiche.
Tuttavia, a ogni forza ne corrisponde una uguale e contraria: visto il gran numero di ammazzademoni, Lune Crescenti e forgiatori di katana – a cui si aggiungono i rispettivi doppioni –, il rischio è quello di sovraccaricare la cognizione del lettore; ecco perché il ruolo di Tanjiro appare drasticamente ridimensionato, a cui si aggiunge la mancanza di Zenitsu e Inosuke. «La nostra parte dov’è?» chiede il primo, mentre il secondo si rivolge bruscamente a Tanjiro: «Vedi di far fuori quella Luna Crescente! Ci siamo capiti?!» Speriamo di rivederli presto!
Non ci resta che attendere i nuovi episodi, nella speranza che lo studio Ufotable manterrà alta l’asticella qualitativa. Stando all’annuncio ufficiale, la prossima stagione di Demon Slayer verterà sull’Allenamento del Pilastro.
#INBREVE
La terza stagione di Demon Slayer sfrutta il villaggio dei forgiatori di katana per esplorare i risvolti più nascosti del mondo narrativo. A fronte di una spiccata eterogeneità di fondo, le numerose backstory, la preparazione fisica del protagonista e il tema del “doppio” equilibrano sapientemente la coesione, pur scontando la mitigazione di Tanjiro e altri celebri personaggi. In vista di una conclusione della saga non troppo lontana, la mutata atmosfera della storia appare sempre più chiara.