Un groove accattivante trascina lo spirito verso una nuova dimensione fatta di storia, arte e incredibili emozioni. Ecco la recensione di INU-OH, la nuova opera di Masaaki Yuasa decisa a conquistare il cuore degli spettatori con originalità e passione!

INU-OH è un lungometraggio di Masaaki Yuasa, regista d’animazione giapponese già conosciuto al pubblico per opere come Mind Game, Ride your Wawe e Devilman Crybaby.

La storia è ispirata al lavoro dello scrittore Hideo FurukawaThe Tale of the Heike: The Inu-oh Chapters”. In concorso nella sezione Orizzonti alla 78° Mostra del Cinema di Venezia, è stato candidato al Golden Globe come Migliore film d’animazione 2022. Nelle sale italiane sarà distribuito dal 12 ottobre da Hikari e Double Line.


Le due corti


Per uno spettatore del tutto inesperto di storia giapponese, il film rappresenta una vera e propria immersione in un’epoca lontana. Specialmente nella prima parte, sono presenti numerosi riferimenti a episodi storici di un’importanza colossale per il Paese del Sol Levante.

Senza addentrarsi in eccessivi dettagli, può essere utile una contestualizzazione storica degli eventi trattati nella pellicola. Ci troviamo catapultati in quello che viene definito “periodo Muromachi” (1336-1573) e, più precisamente, all’interno del conflitto chiamato “Nanbokucho”.

Nel 1185 si conclude l’atto finale della guerra Genpei, ovvero la battaglia navale di Dan-no-ura. Gli Heike, noti anche come Taira, perdono contro il clan Genji, ovvero il clan Minamoto. Viene così formato il primo governo militare (bakufu) grazie a Minamoto Yoritomo: lo shogunato di Kamakura. Quasi due secoli dopo, nel 1336, un nuovo evento scuote il Paese. Ashikaga Takauji, discentente Minamoto, conquista la capitale Kyoto e depone Go Daigo, sostituendolo con un nuovo imperatore.

INU-OH
Materiale stampa concesso in anteprima da UFFICIO STAMPA Scrittoio R-evolution.

Tuttavia, Go Daigo era riuscito a scappare a Yoshino, a sud di Kyoto, con le insegne imperiali, simbolo della divinità dell’imperatore. Inizia così il conflitto tra le Corti del Nord e del Sud, il Nanbokucho per l’appunto, che si contendono la legittimità del potere, destinato a durare per più di cinquant’anni, dal 1336 al 1392. A sanare la disputa e unificare il Paese è proprio uno dei personaggi del film, ovvero lo shogun Ashikaga Yoshimitsu.

Questo non è altro che un quadro estremamente generale degli eventi, mostrati nel lungometraggio con un’ammirevole accortezza. Infatti, coloro che invece masticano nozioni inerenti alle vicende e ai momenti salienti della storia e della cultura giapponese non possono che rimanere estasiati nell’osservare una simile rappresentazione.


Improbabile ma inevitabile


La narrazione, calata in questo delicato contesto storico, ruota intorno a due figure principali. La prima è Tomona (doppiato dall’attore e ballerino Mirai Moriyama), che nella prima parte del film si può considerare il protagonista. Per colpa di una misteriosa maledizione scagliata su di lui in giovane età, perde sia il padre che la vista. Lo vediamo dunque come un semplice ragazzino che deve imparare a convivere con la sua nuova condizione del tutto improvvisa.

INU-OH
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Trova un rifugio sicuro nella figura dei biwa hoshi, monaci itineranti ciechi che si dedicano a narrare racconti epici accompagnati dal biwa, tipico strumento musicale giapponese. Le loro storie trasmesse oralmente costituiscono la base per la stesura dell’Heike Monogatari. Questo romanzo epico tratta soprattutto degli scontri avvenuti durante, appunto, al guerra Genpei, narrati dal punto di vista dei Minamoto.

La cecità è sicuramente una delle caratteristiche più interessanti di Tomona. Il candore del giovane attira fin da subito a sé la sensibilità e l’empatia dello spettatore, il quale segue appassionatamente il suo viaggio. Infatti, è come se il pubblico fosse chiamato a diventare, giusto per un po’, cieco. I suoni si amplificano, assimilano un valore nuovo e diventano fondamentali non solo per Tomona, ma per tutti coloro che, ormai, sono stati rapiti dalle vibrazioni prodotte da un Giappone così antico da incuriosire chiunque.

Il suono cambia colore e intensità, si tramuta in informi macchie che aleggiano nello spazio e nel tempo. Più ci si avvicina a esso, più il mondo guadagna concretezza non solo nella mente del ragazzo, ma anche in quella del pubblico.

Inu-oh (interpretato da Avu-chan, cantante del gruppo Queen Bee) è invece la seconda figura principale all’interno della narrazione, ispirato ad un personaggio realmente esistito nel periodo Muromachi. Una figura enigmatica e deforme, difficile definirla di aspetto umano e per questo relegata assieme ai cani dalla famiglia, specialmente dal padre. Da quest’ultimo eredita la passione per il teatro. Più specificatamente, nel film si parla di teatro nō, tipico proprio durante il periodo trattato nella pellicola. Attraverso l’arte, inizia già a crearsi uno sfocato legame tra i due giovani, ancora tutto da scoprire.

INU-OH
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Anche lo spettatore crea fin da subito una connessione con questo ragazzo emarginato. La superficialità di coloro che non sono in grado di vedere al di là delle sue sembianze spaventevoli li rende impossibilitati a percepire questa sua grande passione e, di conseguenza, il suo grande talento. Si percepisce il dolore di Inu-oh, la sua rabbia, e, soprattutto, un forte desiderio di dedicarsi a ciò che ama di più al mondo.

Una delle caratteristiche principali del teatro nō è l’uso in scena di maschere. Anche Inu-oh ne porta sempre una con sé, non per dare sfoggio del suo interesse, ma semplicemente per nascondere le sue fattezze mostruose. Tuttavia, per quanto orribile possa essere il suo volto, di certo non è in grado di spaventare un coraggioso e giovane monaco cieco suonatore di biwa. Fino all’incontro con Tomona, le uniche creature con cui Inu-oh è stato in grado di rapportarsi e di essere sé stesso sono stati gli animali. I cani erano diventati non solo i suoi, purtroppo, “coinquilini”, ma dei veri e propri amici. Per questo motivo il nome con cui sceglie di essere conosciuto e ricordato è proprio “Re dei cani”.

Il loro rapporto rappresenta un’amicizia improbabile ma inevitabile. Tomona è immune a qualsiasi pregiudizio e a legarli vi è il filo rosso che si aggroviglia attorno ad ogni scena del film: la musica.


Il racconto di un suono…


Così come Tomona ha trovato la pace nella musica, Inu-oh non riesce a contenere il suo incredibile talento per il teatro. I due giovani solitari, spinti entrambi da un amore folle per ciò che fanno, si sostengono a vicenda. Dal loro sodalizio artistico, reso ancora più energico dalla forte amicizia che li unisce, nasce una nuova forma d’arte del tutto rock ‘n’ roll. Entrambi diventano dei veri e propri idol, in grado di sfruttare le proprie peculiarità per far appassionare le folle e rubare la scena a qualsiasi altro attore o musicista.

Una delle cose forse più buffe a cui pensare è che, se veramente nel periodo Muromachi fosse esistito un genere musicale così alternativo, molto probabilmente avrebbe attirato per davvero la curiosità dello shogun Ashikaga Yoshimitsu. Infatti, egli è considerato il perno della vita culturale della sua epoca, sempre circondato da letterati, artisti e novelli scrittori del teatro nō.

INU-OH
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Con il tempo e il successo, in Inu-oh si susseguono numerosi cambiamenti, soprattutto fisici. A pensarci bene, nonostante queste trasformazioni siano visibili allo spettatore, non è da sottovalutare un significato estremamente profondo legato ad esse. Non cambia il corpo in quanto tale, ma la percezione che Inu-oh ha di sé stesso. È, fondamentalmente, la vera e propria crescita personale di un reietto a cui non è mai stato attribuito nemmeno un nome. Attraverso l’amore per musica e teatro, è lo stesso individuo che impara ad amarsi. Queste nuove consapevolezze non sarebbero mai sopraggiunte nello spirito di Inu-oh senza la sua immensa passione che costituisce, in tutto e per tutto, la colonna portante del suo cuore, resa ancora più solida dall’arrivo del suo primo amico e sostenitore Tomona.

Le melodie diffuse all’interno della sala cinematografica creano l’impressione di star assistendo ad un reale concerto. La musica diventa il principale veicolo di trasmissione, il racconto di un suono che ci parla a squarciagola di una storia incredibile, capace di abbracciare non solo l’individualità dei personaggi, ma anche le vicende di un intero periodo storico. La potenza del ritmo che sprigionano i due giovani scuotono non solo la loro stessa anima, ma anche quella di tutti coloro che, sia sullo schermo che in sala, hanno il privilegio di assistervi.

Queste sensazioni si devono soprattutto al compositore Otomo Yoshihide, il quale propose l’idea di dare priorità alla musica rispetto alle animazioni. La scelta è senza dubbio azzeccata, in quanto consente allo spettatore di focalizzare l’attenzione sulle fondamenta della narrazione, fatta non di immagini ed effetti visivi mozzafiato, ma da un’autenticità e profondità destinate, comunque, a catturare lo spirito del pubblico.


…e il suono di un racconto


Oltre alla musica, esiste un secondo fattore fondamentale che rende la pellicola così memorabile e profonda. È più nascosto, forse sottinteso, ma per nulla scontato. Se si pensa attentamente alle vicende trattate dall’inizio alla fine del film, non si può fare a meno di notare l’importanza che viene data all’atto stesso di raccontare storie. Il potere in mano ai due giovani artisti è proprio quello di tramandare racconti, vicende ed eventi in modo da tenerli vivi nel ricordo di coloro disposti ad ascoltarli.

Il film è in grado di coniugare perfettamente un retaggio nazionale antico di secoli con elementi legati a doppio filo alla modernità. I riferimenti a dettagli della cultura giapponese sono molti, incanalati perfettamente in un contesto che riporta in vita la realtà di un Giappone mostrato con animazioni semplici, fatta di colori tenui, piccoli paesi legnosi e una naturalezza che trasporta la mente verso un mondo lontano.

INU-OH
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Siamo proprio noi, il pubblico presente in sala secoli dopo gli eventi narrati, ad essere chiamati all’attenzione. In questa matrioska di storie che parte dalle trame degli spettacoli fino ad arrivare a quella del Giappone stesso, ciascun pezzo è insignito di un’importanza secolare. Testimoni di un’epoca passata, ci viene rammentata l’importanza di una memoria che vuole rimanere attiva e rigogliosa. In quell’esatto momento in cui assistiamo al meraviglioso spettacolo che ci scorre davanti agli occhi un una sinfonia di immagini, la potenza del racconto annulla le distanze create dal tempo e dallo spazio, dandoci la possibilità di tramandare in prima persona una narrazione tanto avvincente.

Le famose maschere, così caratteristiche ed interessanti del teatro nō, non sono che una mera illusione. Proprio perché si viene spinti verso una condizione di “cecità” simbolica, queste perdono di significato e lo spettatore diventa in grado di percepire la vera natura delle cose. L’accento viene dunque posto sulla capacità e la volontà di ascoltare, di prendersi il tempo di un ottimo film per farsi trasportare dal suono di un racconto che parla di amicizia, di passione e, soprattutto, di amore.

Non perdetevi i nostri articoli dedicati ai più recenti anime ambientati in un Giappone antico e quantomai affascinante: Ooku – le stanze proibite e Hell’s Paradise.

#INBREVE
4.5

Inu-Oh, la magia del raccontarsi

A partire dal 12 ottobre 2023, le sale offriranno un’esperienza unica. L’opera rock di Masaaki Yuasa unisce perfettamente un racconto appassionante a una regia mozzafiato, musiche travolgenti e personaggi preziosi. Teatro e musica vengono calati in un contesto che abbraccia uno dei periodi più interessanti della storia del Giappone. Lasciatevi trasportare dall’armonia che fluttua attraverso le coinvolgenti scene di un film destinato a far danzare gli animi!

Studentessa brianzola di 23 anni. Frequento Mediazione linguistica e culturale presso l'Università Statale di Milano. Da circa dieci anni coltivo una grande passione per il mondo animanga. Questo interesse con il tempo si è ampliato alla lingua e alla cultura asiatica, il che mi ha portato a scegliere come lingue di studio il cinese e il giapponese. Per circa sei mesi ho lavorato come commessa in una fumetteria. Inoltre, durante il quarto anno di liceo linguistico ho vissuto a Phoenix in Arizona per dieci mesi.

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