PS5 Pro: il definitivo declino di “This is for the Players”
“Play has no limits”
PS5 Pro ha avuto un’accoglienza alquanto ostica da parte del pubblico, che percepisce “distanza” tra loro e casa Sony. Forse non sorprenderà nessuno, ma fino a pochi anni fa, molto prima di PS5 Pro, Sony Entertainment ha effettivamente cercato di ascoltare i propri utenti. Non solo: ci riusciva. “This is for the Players”, infatti, era il claim che riassumeva alla perfezione il comportamento dell’azienda. Indimenticabile il video ufficiale di una manciata di secondi, picco di intelligenza, sagacia e comunicazione coerente con l’intenzione, in cui veniva mostrato come si potesse prestare un gioco con PlayStation 4. Step 1: passare il disco. Fine.
Tutto questo in risposta alla concorrenza che voleva imporre una console sempre connessa ad internet con una politica anti-usato di rara follia. Un lancio disastroso dal punto di vista comunicativo per Xbox One, la cui eco è probabilmente risuonata fino alla fine della generazione di cui faceva parte. Nella successiva, invece, qualcosa è cambiato. In pochi anni, Sony è riuscita a demolire il suo claim più forte, che paradossalmente ha fatto più rumore dell’esistenza dell’attuale claim “Play has no limits”, già debole in principio e totalmente invisibile oggi. Infatti con PS5 Pro Sony ha dimostrato i propri limiti.
La presentazione di PS5 Pro
Ce l’hanno fatta sognare e immaginare per mesi, questa console. Ogni occasione sembrava quella giusta per presentarla ufficialmente, finché una serie di rumor molto solidi e un errore della stessa Sony nel titolo del video ufficiale su YouTube hanno finito per anticiparla. E dunque, PlayStation 5 Pro uscirà il 7 Novembre. Dire che le reazioni alla console siano state “contrastanti” è estremamente riduttivo. Online è stracolmo di video reaction e i commenti del pubblico sono tantissimi, lunghi, analitici, vessatori, anche curiosi talvolta.
Un utente Reddit, ad esempio, si è divertito a realizzare vari setup per un computer da gaming con un prezzo simile a quello di PS5 Pro. Perché il punto che ha accentrato la maggior parte delle opinioni sembra essere stato proprio questo: il prezzo. E come potrebbe essere altrimenti? Ben 799€, in un momento di mercato terribilmente in crisi e privo di centralità.
Cosa offrirebbe PS5 Pro?
Naturalmente non si parla di prezzo assoluto, bensì di rapporto qualità-prezzo. I giochi, fulcro e fondamenta dell’intera industria (non fa mai male sottolinearlo), sono stati mostrati, anche se in una sequenza volta a presentare sempre i medesimi nomi e che lascia spazio a dubbi su quali saranno quelli ottimizzati per PS5 Pro in futuro. La situazione che si palesa è che, giustamente, sia una console utile a giocare meglio giochi già usciti (un po’ come PS5 con PS4, tra l’altro). Ma “meglio”, a quanto pare, non sembra sottintendere un netto stacco qualitativo. Insomma, l’opinione pubblica pende verso il negativo. C’è un altro lato, però, in cui possiamo leggere che il lettore esterno per PS5 è andato esaurito appena annunciata la Pro. Non solo: possiamo leggere commenti entusiastici di utenti che non possono fare a meno di evidenziare come i tempi siano cambiati e che “la potenza si paga”.
Insomma, ad oggi non conosciamo quale sarà il futuro commerciale di questa console, ma una cosa è certa: il vero problema è tutto il suo contorno, o meglio, tutto ciò che c’è stato prima e che potrebbe esserci in futuro. Il vero dramma è che PS5 Pro risulta essere, per molti, la ciliegina sulla torta di dubbia dolcezza che Sony sta realizzando nei confronti della propria utenza. L’ultimo passo di una tendenza che va avanti da tempo volta a scardinare, volontariamente o meno, uno dei claim più forti dell’azienda, se non il più forte. La domanda è: perché “This is for the Players” non esiste più?
“This is for the Players” è diventato irrilevante
Prendiamo Concord. Il gioco è stato in sviluppo per molti anni e ha avuto dei costi non indifferenti. Il risultato però è stato che le vendite sono state praticamente inesistenti, l’interesse del pubblico nullo e il gioco è stato chiuso dopo due settimane di vita.
Concord ha comunicato un duplice problema: palesava sia una mancanza di idee, sia il fatto che Sony puntava davvero troppo su un progetto che il suo target avrebbe poi reputato dozzinale. E ci riferiamo a Concord per non richiedere alcuno sforzo di memoria particolare, ma c’è l’imbarazzo della scelta. Si pensi a Foamstars, o Destruction AllStars, quasi grottesco nel suo voler seguire così forzatamente trend visivi e di gameplay. Anche un brand come The Last of Us, tra remastered e progetti dalla dubbia vision cancellati come il multiplayer, ha dato prova della distanza che c’è tra Sony e i “players”. E come non citare il recentissimo mezzo flop di Until Dawn Remake?
Ognuno di questi titoli ha rappresentato il simbolo della direzione che l’azienda ha riservato ai “players”: seguire mode e trend (come i live service), riproporre successi commerciali all’infinito per rivendere al suo target lo stesso gioco più e più volte, monetizzare in ogni maniera possibile. Le righe spese per Concord, dunque, potrebbero valere quasi integralmente per ognuno dei titoli citati. Questa è stata la realtà per i “players”, negli ultimi anni.
E le esclusive, storica punta di diamante dell’offerta Sony?
Oltre all’effettiva offerta di Sony, sui “players” impatta l’assenza di un elemento cardine del claim “This is for the Players” dell’era PS4: le esclusive, ad oggi purtroppo carenti in qualsiasi senso. Basta, infatti, constatare come la differenza di Sony dalla concorrenza si concretizzava nella realizzazione di esperienze capaci di dettare legge. Non sorprende come, per fare ulteriore cassa, le esclusive siano progressivamente diminuite quasi del tutto diffondendosi anche su PC.
Intendiamoci: non è una difesa del concetto di esclusività in senso stretto. È naturale e sacrosanto per un’azienda pensare al guadagno per la propria sopravvivenza, anche in questo modo. Il problema, però, emerge quando buona parte del numero già esiguo delle proposte esclusive Sony è privo della personalità mostrata in passato, al punto da chiedersi perché acquistare la loro console sin dal principio. A questo, poi, si è aggiunta una pochezza informativa rara, rispetto al periodo in cui l’attesa per uno showcase era magica.
Il futuro sembra deserto, e i titoli più attesi sono praticamente sempre multipiattaforma. Tolti i giochi, tolta l’informazione, considerando esperienze dozzinali e piegate ai trend, cosa resta dunque per i giocatori? Attualmente molto poco, e tale deserto rappresenta il secondo motivo che dimostra come “This is for the Players” sia diventato irrilevante.
Chi sono i “players”?
Sin dall’epoca PS1 sembra essere nato qualcosa di irrazionale, tra gli utenti Sony: un’elevata affezione al marchio. Questa percezione c’è sempre stata, calcolando come “PlayStation” sia stato in passato (e ancora oggi) un termine generico per intendere i videogiochi da chi i videogiochi non sa nemmeno cosa siano diventati, e quanto l’infanzia di molti adulti odierni sia stata colorata da quelle due incredibili scatolette, grigia prima e nera poi. Alcuni analisti sono convinti che PS5 Pro farà il botto. I motivi? Assenza di una concorrenza midgen concreta e la fedeltà dell’utente Sony al marchio, che andrebbe oltre qualsiasi spesa.
Non resta che chiedersi: chi sono questi “players” del claim “This is for the Players”? Ciechi cultisti di un marchio? Un target pensante? Naturalmente la verità è eterogenea. Al netto di tutto, è importante considerare la risposta commerciale del target alle proposte di Sony in questi anni. A quanto pare, avendo rigettato con forza quelle in linea con l’attuale modello di business, i “players” sembrano più consapevoli, compatti e decisi nel desiderare altro. E già in passato Sony ha avuto dimostrazione che il suo target, i “players”, volessero altro.
Sony aveva già perso la propria identità prima di PS5 Pro
Durante il periodo PlayStation 3 c’è stato un momento preciso in cui sembravano persi tutti i riferimenti precedenti. All’inizio del ciclo di vita della console moltissime serie esclusive passarono alla concorrenza. Le esperienze proprietarie degne di nota erano pochissime rispetto ad una Xbox 360 che dettava legge. La ripresa arrivò, ovviamente, proprio grazie a nuove esclusive come God of War III ed Heavy Rain. PS3 stava ritrovando una propria valenza, e la risposta di pubblico era positiva, sottolineava la giusta direzione.
Purtroppo, in quegli anni, Sony stava sviluppando parallelamente una serie di idee, come PlayStation Move più giochi annessi, o titoli intellettualmente non troppo onesti come PlayStation All Star. Quest’ultimi pescavano da un target diverso dal solito, con copie di copie di esperienze rinvenibili altrove, prima tra tutti Nintendo. Il finale? Il medesimo di questo periodo: risposta di pubblico relativamente bassa, disinteresse, anche prese in giro. Il tutto è stato fortunatamente abbandonato dopo pochi anni. Il Move fu riciclato come periferica per il primo VR, ad esempio. Si ritrovò la strada verso i “players”, addirittura concludendo la gen con un gioco come The Last of Us.
Sony, dunque, pare essere già stata in una condizione simile: quando ha provato a emulare in modo cieco gli altri, quando ha cercato il successo con idee troppo comuni, quando ha sostanzialmente perso e non trasformato la propria identità, è finita male. I “players” hanno risposto, e non hanno accettato quelle esperienze. E i soldi investiti allora non erano quelli attuali, dove un solo fallimento può bruciare centinaia di milioni di dollari e anni di lavoro. Inoltre, il tutto era parallelo ad altre uscite acclamate da pubblico e critica, non era il centro totale dell’offerta a lungo termine come adesso. Dunque il target si è già dimostrato compatto in passato, nonostante l’ipotesi di affezione al marchio iniziale.
I “players” hanno sempre saputo mettere Sony sui binari corretti
Sony non ha imparato nulla, da quell’esperienza? Adottando il “This is for the Players” dopo l’era PS3 sembrava proprio di sì, proponendo tutta l’epoca d’oro che abbiamo vissuto con PS4 e rendendo i “players” il centro della propria offerta. Oggi, con PS5, sembra essersi fiondata nuovamente nello stesso errore dell’era PS3. Quali possono essere i motivi di tale errore? La percezione è quella della ricerca di un guadagno immediato da parte di Sony, anche sacrificando un po’ di quella personalità che l’ha contraddistinta. Seguendo questa ipotesi, ciò si concretizza nella realizzazione di produzioni più “impersonali” per poter parlare ad un target molto più ampio, ma che potrebbe non affezionarsi a Sony. E, naturalmente, quelli che sono stati fidelizzati come “players” dalla stessa Sony non possono che osservare il tradimento dell’azienda nei loro confronti.
Cosa rispondere allora agli analisti che prevedono che PS5 Pro avrà performance similari a quelle di PS4 Pro per il legame al marchio? Potrebbero aver ragione, per carità. Bisognerà vedere se la suddetta differenza dei contesti tra PS4 Pro e PS5 Pro farà la differenza. Gli utenti potrebbero non essere ciechi adepti di una setta, bensì potrebbero avere un’idea molto chiara su ciò che meritano. D’altronde lo stanno dimostrando, e l’hanno già dimostrato in epoca PS3. Ironicamente, forse proprio i “player” tanto dimenticati costringeranno Sony a cambiare la propria identità per sopravvivere.
PS5 Pro: ciò che non uccide, fortifica
Sony potrebbe essere sull’orlo di una fase di transizione importante. Se è vero che “ciò che non uccide, fortifica”, i fallimenti accumulati e quelli che arriveranno, le conferme nella celebrazione di Astro Bot (che abbiamo definito “un gioco per ripartire“), i nuovi titoli per PS VR2, il discusso Ghost of Yōtei, potrebbero portare Sony ad adottare una linea più soddisfacente per il proprio target. La compattezza nella risposta del pubblico, tra l’altro finora dimostrata, potrebbe diventare davvero la chiave di volta per tale cambiamento.
I “players” dunque sono ancora vivi? Speriamo di sì, e speriamo continuino a dare conferme in tal senso. Sony cambierà? Forse, se ascolterà i suoi “players”. Vedremo intanto quali saranno i risultati concreti di PS5 Pro. Al netto del futuro commerciale ancora incerto di questa console, va detto che in azienda c’è stato sicuramente coraggio nel proporla. In mezzo ad un mercato privo di concretezza, Sony si è posta in modo molto deciso, scommettendo sé stessa e la sua identità. Vedremo se i “players” saranno pronti a rispondere.
Classe '92 senza esserne pienamente consapevole, mi nutro di videogiochi, fumetti e prodotti video sin da quando ho memoria. Dato che non finirò tanto presto, perché non discuterne?