Raven of the Inner Palace, recensione: tra ambientazioni affascinanti e occasioni sprecate
L’anime prodotto da Bandai Namco Pictures, parte del palinsesto autunnale del 2022 di Crunchyroll, riesce a convincere solo in minima parte.
A ottobre 2022 su Crunchyroll è iniziata la messa in onda di Raven of the inner Palace, anime adattato dall’omonima light novel nata dalla penna di Kōko Shirakawa e pubblicata da Shueisha Orange Bunko tra il 2018 e il 2022 con un totale di sette volumi, che conta oltre il milione di copie vendute. La controparte animata, invece, è al momento composta da una stagione di 13 episodi conclusasi il 24 dicembre 2022.
La regia dell’adattamento anime è stata affidata a Chizuru Miyawaki, regista il quale aveva già lavorato a adattamenti come Gintama o Monster (in qualità di animation director) mentre lo studio di animazione è il Bandai Namco Pictures.
Al momento la serie non è ancora stata doppiata in italiano; quindi, è disponibile su Crunchyroll o in versione originale sottotitolata o, in alternativa, con il doppiaggio inglese.
La trama
Quello che salta subito all’occhio iniziando a guardare Raven of the inner Palace sicuramente l’ambientazione; infatti, la vicenda ha luogo in una corte fittizia della Cina feudale. Durante tutti gli episodi seguiamo l’evoluzione del rapporto tra Liu Shouxue, la consorte corvo, ovvero una figura a metà tra il magico ed il mistico che vive nella parte più interna della corte e che, nonostante ne porti il titolo, non adempie ai compiti di consorte e che non dovrebbe aver alcun contatto con l’imperatore, e l’Imperatore Xia Gaojun stesso.
La struttura narrativa dell’anime è sicuramente differente dai prodotti seriali (sia anime che non) ai quali siamo stati abituati negli ultimi anni; infatti, essa non è composta da una trama orizzontale che avanza episodio dopo episodio, ma da una struttura decisamente più verticale degli episodi, i quali sono spesso autoconclusivi, o al massimo divisi in due parti. Ogni episodio ha una struttura con forti rimandi al genere investigativo: un nuovo “caso” viene presentato alla consorte corvo, la quale, insieme all’Imperatore dovrà adoperarsi per risolverlo, il che non può che portare alla mente dello spettatore a opere come I diari della speziale.
A questo topos classico di duo investigativo, si aggiunge però una forte componente sovrannaturale, in quanto le questioni alle quali devono lavorare i due protagonisti, sempre aiutati e sostenuti da diversi personaggi secondari, sono sempre legate al mondo degli spiriti o dei fantasmi.
I casi che vengono presentati in ogni episodio diventano però velocemente una scusa per sviscerare il rapporto tra i due protagonisti; un rapporto che non solo non dovrebbe esistere, ma che viene ulteriormente complicato a causa dei trascorsi burrascosi tra le dinastie di Liu e Xia.
All’alone di mistero e di sovrannaturale si aggiunge, quindi, anche una sfumatura di romance, dando così sempre risvolti nuovi alla trama. Oltre alla struttura verticale di ogni singolo episodio, ovvero con una vicenda che si apre e si chiude nell’arco dello stesso, si aggiunge quindi con l’incedere delle puntate anche una trama orizzontale che si protrae per tutta la durata della prima stagione. Ogni episodio, inoltre, ha il compito di espandere il mondo narrativo in cui si svolge la storia, aggiungendo personaggi, approfondendo dinamiche sociali e di potere e presentando la cultura cinese.
Se volessimo utilizzare un termine molto in voga negli ultimi anni, soprattutto in ambito videoludico, potremmo dire che accanto alle vicende narrate è presente una grandissima attenzione nell’andare a comporre e plasmare la lore di un mondo pieno di sfaccettature e giochi di potere. Questa tipologia di narrazione è fortemente diffusa nel cinema orientale; infatti, a differenza del cinema occidentale che solitamente parte dal macro per andare verso il micro (prima viene presentato il mondo per poi stringere verso i dettagli), il cinema orientale più spesso parte dai dettagli per poi andare ad allargare la visione rendendola sempre più ampia.
Un mondo che prova ad essere vivo…
Quello che Raven of the inner Palace cerca di fare nel corso del suo sviluppo è bilanciare il più possibile la trama, attraverso l’evoluzione dei personaggi principali, e l’approfondimento del mondo in cui questi ultimi si muovono. Questo purtroppo riesce solo in parte all’autore.
Se da una parte la vita dei due protagonisti e le dinamiche sociali tra i due vengono sempre più approfondite caso dopo caso, con l’aggiunta di tasselli sempre nuovi, non si può dire lo stesso dell’evoluzione dei personaggi secondari, i quali risultano poco interessanti e monocorde e di un world building che risulta poco vivo e al cui interno si muovono interpreti che sembrano più inseriti per tenere insieme il filone narrativo che vede protagonisti Shouxue e l’Imperatore.
Questa problematica è costituita in parte dalla scarsa caratterizzazione estetica dei personaggi secondari e delle ambientazioni. I primi, infatti, vengono presentati e rappresentati più per il loro ruolo all’interno della corte, (consorti, eunuchi, attendenti e dame di compagnia) ruolo che spesso funge da appellativo affianco se non addirittura in sostituzione del nome del personaggio stesso. Se a questo aggiungiamo che anche la stessa rappresentazione visiva risulta piuttosto piatta (costumi, volti e colori tutti molto simili tra loro) si viene a creare rapidamente un senso di smarrimento nello spettatore che, ad eccezione dei protagonisti (i quali differentemente da quanto appena detto risultano invece sia caratterialmente che esteticamente più di spicco e unici), deve fare un ulteriore sforzo per non confondersi.
Per quanto riguarda i paesaggi il problema non è molto differente: a primo impatto gli esterni risultano decisamente interessanti e riescono anche ad offrire un piacevole senso di novità allo spettatore e allo stesso tempo evitare quella sgradevole impressione di “già visto”, proprio grazie alla scelta di collocare l’opera in un luogo e in un’epoca sicuramente non convenzionali. Avanzando però con le puntate, ci si accorge in fretta che purtroppo l’anime fatica ad uscire dalla propria comfort zone anche per quanto riguarda le ambientazioni, le quali risultano troppo presto ridondanti e poco variegate.
Questo avviene sia per quanto riguarda gli interni (l’abitazione della consorte corvo, la stanza dell’imperatore o di qualche casa di persone di rango più basso) che risultano piuttosto asettici, che per quanto riguarda gli esterni che, per quanto più vari e curati, risultano ripetitivi. La sensazione è che nel voler costruire un’opera che racconti un mondo soffocante e imprigionato nelle proprie regole e tradizioni, gli stessi autori si siano trovati limitati per quanto riguarda la varietà di location e personaggi.
È importante sottolineare però che questa non è una regola che accomuna tutte e 13 le puntate, difatti alcune risultano decisamente più ispirate sia da un punto di vista della scrittura narrativa che da quello dell’impatto estetico. Questo, a conferma di quanto precedentemente detto, accade nello specifico quando il focus degli eventi si sposta dalle location più classiche (appartamenti di Liu o le corte esterne ai palazzi) ad alcune più originali e meno utilizzate all’interno dell’anime. Questo avviene anche per quanto riguarda i personaggi, la cui caratterizzazione diventa subito più interessante non appena l’opera va ad esplorare le usanze e la cultura fuori dalle mura del palazzo reale.
… ma sono i dettagli a fare la differenza
Nei paragrafi precedenti si è già accennato a come, in primo luogo, il setting dell’opera sia assolutamente originale e che, come quest’ultimo, zoppichi un po’ a causa della scarsa varietà di situazioni e di estetica.
Il punto di forza di Raven of the inner Palace va però ricercato nella cura dei particolari. Nonostante la corte nella quale si svolge l’anime sia fittizia e non ci siano riferimenti ad avvenimenti storici realmente accaduti, e di conseguenza non risulta possibile collocare le vicende in un preciso periodo storico, tutto questo non viene mai percepito dallo spettatore.
Questo proprio grazie ad una pregevole attenzione ai dettagli. La ricerca fatta per rendere l’ambientazione cinese il più realistica e credibile possibile è davvero notevole e aiuta lo spettatore ad immergersi in questo mondo grazie alle musiche, i nomi di luoghi e personaggi, allo stile grafico e, soprattutto, le animazioni.
Proprio a proposito di queste ultime è necessario fare una breve digressione: in generale le animazioni del prodotto targato Bandai Namco Pictures risultano semplici, ma gradevoli ed eleganti. I rimandi all’iconografia cinese sono molteplici, soprattutto nella gestione dei flashback. Come precedentemente accennato, ogni episodio si apre con un membro della corte che si reca dalla consorte corvo per chiederne l’aiuto, il racconto della storia di questi personaggi avviene tramite flashback i quali sono caratterizzati da uno stile di animazione che rimanda chiaramente ai dipinti su seta, tradizione cinese millenaria. Su uno sfondo color ambra si animano silhouette di figure stilizzate che narrano la storia attraverso i flashback in maniera decisamente originale e affascinante.
Nonostante questa soluzione venga riproposta diverse volte, non risulta mai ridondante o stucchevole. Lo stesso purtroppo non si può dire per la gestione dell’animazione utilizzata per rappresentare l’utilizzo dei propri poteri da parte Shouxue: quest’ultima, seppur molto ben realizzata e funzionale nel suo intento di catalizzare l’attenzione dello spettatore sulle capacità mistiche della protagonista, viene riutilizzata decisamente troppo spesso all’interno dell’anime.
Ultima, ma non per questo meno importante, menzione va fatta al comparto musicale dell’anime; esso, infatti, è forse tra gli elementi più riusciti dell’opera. Questo discorso non si limita solo alle canzoni di opening (Mysterious della band j-rock QUEEN BEE) e di ending (Natsu no Yuki di krage), ma alla colonna sonora di tutto il prodotto.
Le musiche sono composte da Asami Tachibana, compositrice già nota nel mondo dell’animazione giapponese avendo lavorato alle colonne sonore di prodotti come Haikyu!! o Soul Eater Not!
Tirando le somme, Raven of the inner Palace è sicuramente un progetto coraggioso che esce dai canonici schemi degli anime a cui siamo stati abituati negli ultimi anni sia per ambientazione e atmosfere che per struttura narrativa. Un buon comparto tecnico per quanto riguarda musiche e animazioni, con guizzi davvero interessanti e una semplice, ma lineare scrittura dei personaggi principali non riescono però a convincere del tutto.
Si sente la mancanza di una solida struttura portante che tenga insieme le diverse puntate, che oltre a risultare alle volte un po’ slegate tra loro, risultano di qualità troppo altalenante, alternando puntate che tengono lo spettatore incollato ad altre troppo facilmente dimenticabili.
La scrittura dei personaggi principali funziona bene, aggiungendo tasselli sempre più coinvolgenti man mano che si prosegue con la visione, ma si perde per quanto riguarda i comprimari e i personaggi di contorno, i quali risultano troppo spesso anonimi e di poco spessore.
Un prodotto al quale sicuramente dare una chance se si è affascinati dalle atmosfere dell’antica Cina e dalle se tradizioni e cultura.
Al momento non è ancora noto quale sarà il destino di quest’opera, che pur avendo una conclusione, lascia degli spiragli aperti per un’eventuale seconda stagione. Staremo a vedere, nella speranza che Bandai Namco Pictures possa prendere quanto di buono fatto nel primo ciclo di episodi per espanderlo e regalarci un prodotto che riesca a migliorarsi in futuro.
In conclusione, vi lasciamo ad alcuni altri interessanti articoli, come la nostra recensione del film Belle di Mamoru Hosoda, e la nostra recensione della light novel Kamiyama-san: cosa c’è nel sacchetto.
RAVEN OF THE INNER PALACE IN BREVE: BUONE PREMESSE, MA...
Raven of the Inner Palace è un’opera che si presenta diversa dagli anime a cui siamo stati abituati negli ultimi anni, nel bene e nel male. Se, da un lato, le ambientazioni e i personaggi appaiono non convenzionali e innovativi, dall’altro la sensazione è che la trama non sappia raccontare molto di se stessa al di fuori della sua particolarità. Soprattutto le caratterizzazioni delle figure secondarie risulta molto debole e ripetitiva, in un prodotto che comunque riesce a intrattenere per le dinamiche che si instaurano tra i due protagonisti, Liu Shouxue e l’imperatore Xia Gaojun. La speranza è che, se verrà mai ideata una seconda stagione, Bandai Namco Pictures possa mantenere quanto di buono abbia fatto con la serie, e migliorarla ulteriormente, per rendere un anime dalle atmosfere così uniche come Raven of the Inner Palace solido e convincente sino in fondo.
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