Shin Megami Tensei V: Vengeance. Un’altra estate nel Da’at
Un’anima di passaggio si trova in un “sentiero collegato al futuro”. L’anima di “una ragazza che non deve esistere” la aspetta. Prenderle la mano la scelta da compiere. Lo fai e la strada non condurrà più verso il “futuro destinato per questo mondo”, ma verso un mondo ancora ignoto, questo ti dicono le voci. Hai iniziato il percorso verso la fine del mondo. È un nuovo ciclo della storia di Shin Megami Tensei V: Vengeance. È un’altra estate da passare nel Da’at.
Shin Megami Tensei V: Vengeance (per gli amici, SMT V: Vengeance) è la nuova espansione dell’ultimo capitolo della saga di Atlus, uscito all’inizio dell’estate 2024. Amplia la storia originale del gioco aggiungendo il “canone della vendetta“, una linea narrativa parzialmente nuova rispetto all’originale “canone della creazione“.
Si potrebbero riassumere le novità dicendo che ci sono nuovi demoni, nuove mappe, nuove missioni. Ce lo aspettavamo. Così come ci si aspettava una storia nuova ma in parte, un classico JRPG dai tempi di Pokémon. La domanda è che cosa vuol dire tornare nel mondo di SMT V: Vengeance dopo tre anni, o meglio cosa possiamo trovare di nuovo tra le rovine dell’umanità. Abbiamo passato un’estate nel Da’at per cercare di capirlo, questo è il nostro diario di viaggio.
Vagare in cerca di conoscenza
SMT V: Vengeance tanto quanto il suo predecessore mantiene la stessa “linea filosofica” a cui siamo stati abituati da Atlus. Interrogativi sull’essere umano e sull’esistenza di per sé nella guerra tra ordine e chaos. Mezzi umani e mezzi demoni, come Nahobino ci imbarcheremo alla ricerca di questa conoscenza. Da’at è il luogo in cui secondo la kabbalah si uniscono tutti i sefirot (le emanazioni del divino), uno “spazio vuoto” in cui ciascuna emanazione è presente e assente contemporaneamente. In altre parole, dove si costruisce la conoscenza. È qui che si tesse la trama del mondo.
Come nel 2021, La trama di SMT V: Vengeance dopo il prologo ci presenta la stessa situazione iniziale. Tokyo è vittima di fenomeni sovrannaturali, in cui persone spariscono e si fanno del male in maniera misteriosa proprio come tre anni fa. Saremo di nuovo trascinati nel mezzo degli eventi da Dazai per ritrovarci nel deserto attaccati dai demoni, salvati da Aogami fondendoci con lui per sopravvivere.
A differenza della trama originale però, avremo a che fare anche con le divinità cadute Qadištu, una terza fazione a sé stante. Inoltre avremo una nuova compagna di squadra, Yoko Hiromine, una sensitiva trovatasi nel Da’at insieme al resto dei ragazzi. Un terzo giocatore nella battaglia secolare tra angeli e demoni e una nuova compagna con cui confrontarsi. Queste novità, più che dal punto di vista del gameplay, arricchiscono il già sfaccettato mondo delle interazioni di SMT V: Vengeance.
Se da un lato abbiamo le posizioni della Bethel sulla fede per il Dio dell’Ordine e dei demoni sulla volontà di autodeterminazione, troviamo un terzo punto di vista. L’obiettivo delle Qadištu è al di là della guerra tra ordine e chaos, donando una “scala di grigio” all’ etica del gioco. Tra gli stessi umani, Yoko è più sfumata degli altri compagni e offre spunti di riflessione che ci interrogano in maniera critica sulle nostre scelte. SMT V: Vengeance sembra riportarci in un Da’at che rispetto al gioco madre vuole davvero farti percorrere la via della conoscenza, interrogandoti sulle tue azioni e mettendo in dubbio le tue scelte.
SMT V: Vengeance, uno spazio (liminale) per pensare
Se da un lato la trama del gioco si infittisce, dall’altro non si può dire lo stesso del gameplay. Se escludiamo forse qualche miglioria al combat system e le ferrovie Magatsuhi per gli spostamenti veloci, ci troviamo suppergiù ad esplorare lo stesso Da’at che nel 2021 ha affascinato milioni di giocatori. Non che ci sia nulla di male in questo, anzi.
Il bello di tornare a vagare nello stesso Da’at è che ci possiamo davvero godere tutto lo spazio vuoto e il tempo che lascia per pensare. Spieghiamoci meglio. Anche utilizzando i viaggi rapidi delle leyline, in SMT V: Vengeance così come nel gioco originale si va spesso a piedi per la mappa. Che sia cercare Miman, tesori o Gloria, spesso e volentieri ci siamo trovati a percorrere ampie porzioni di Da’at, tenendo premuto il bottone della corsa e schivando i demoni nemici.
Durante queste traversate, ci siamo accorti di una cosa: oltre a pensare a cosa stavamo facendo nel gioco, ci siamo trovati a filosofeggiare. Tra un Jack Frost e una Succube, ragionavamo su cosa voglia dire esseri umani e cosa ci distingue da “gli altri” (in questo caso i demoni). Tutti temi cari a SMT V: Vengeance e al suo predecessore.
La sensazione provata è un po’ simile al vagare tra le vallate di Red Dead Redemption 2 o per gli scenari “aesthetically pleasing” di Ghost of Tsushima. Sono però i relitti dell’umanità estinta tra montagne cupe e palazzi in rovina ad avere innescato questi pensieri. La mappa di gioco ci è sembrata una sorta di spazio liminale in cui tutto il vuoto è riempito dai nostri pensieri.
Facciamo due chiacchiere?
Sempre su questa linea di pensiero, girovagando per il Da’at con un sacco di tempo in più a disposizione abbiamo notato un’altra cosa. Parlare con i demoni NPC è davvero piacevole. I demoni sono simpatici, molto umani. Insomma, ci siamo sentiti di empatizzare con loro.
Ci siamo dispiaciuti per una Pixie o un Cait Sith tristi per non essere abbastanza forti. Oppure quanto abbiamo riso per i commenti dei demoni in linea con la loro storia nel folklore. Diciamo che, tra una riflessione filosofica e l’altra, avere questi momenti per “spezzare” il viaggio in solitaria ci abbiano divertito e fatto venire voglia di tornare a trovare la gente conosciuta durante il nostro viaggio.
Ovviamente non ci sono solo gli NPC con cui parlare. Che siano quelli del nostro party nel Covo dei Demoni, quelli che si trovano in giro o perché no, anche quelli in battaglia, le interazioni di SMT V: Vengeance così come nel gioco precedente sono variegate, nulla che non ci si potesse aspettare da un gioco Atlus.
Però, questi NPC che sembrano quasi delle specie di “locals” che si incontrano durante una vacanza (una molto strana) è una sensazione nuova. Forse anche in questo caso possiamo parlare di una mossa strategica per invogliare alla riflessione sui temi di SMT V: Vengeance. I demoni del gioco non sono poi così diversi dagli umani a ben vedere. Hanno desideri e paure. Il fatto di aver avuto il tempo di scoprirlo ci ha regalato diversi bei ricordi legati ad essi.
Al ritorno dal viaggio in SMT V: Vengeance
Ci avviciniamo alla fine dell’estate, e siamo tornati dalle dune del Da’at al paesaggio familiare della pagina di Animaku. Da questo viaggio sicuramente ci portiamo dietro delle riflessioni interessanti, ma più di tutto l’occasione che SMT V: Vengeance ci ha dato di prenderci del tempo per non fare nulla, per non pensare al prossimo obiettivo.
Questo gioco, come del resto tutta la serie Shin Megami Tensei, ci è sembrato un ottimo strumento per la riflessione introspettiva. Magari non avrà la verve di Persona 5, soprattutto nel rappresentare criticamente la società moderna, ma certamente ha il grande pregio di portarti su un piano di riflessione dei “massimi sistemi” con leggiadria.
Non possiamo che essere contenti di aver deciso questa meta per il nostro viaggio e di aver passato un’altra estate nel Da’at di Shin Megami Tensei V: Vengeance.
#INBREVE
Vacanze nella fine del mondo
Un mondo un po’ diverso un po’ uguale, Shin Megami Tensei V: Vengeance è il racconto della distruzione e creazione che abbiamo conosciuto nel 2021, ma con diversi elementi che lo arricchiscono nelle sfumature. Il suo vero punto di forza è il regalo del tempo che ci ha fatto, per pensare, per chiacchierare coi demoni, per goderci a tutti gli effetti un luogo tranquillo in cui passare del tempo.
Classe ‘98, Filippo Recaneschi si occupa di Giappone e di videogiochi. Crede nell’informazione e combatte gli stereotipi del Giappone “pop”, analizzando i videogiochi giapponesi con occhio critico.