Takopi’s Original Sin, la recensione: lo straziante splendore di un sorriso sincero
Il 12 aprile è arrivato in Italia Takopi’s Original Sin, il manga-capolavoro del promettente artista Taizan5: ecco la nostra recensione.
Nella storia della letteratura, esistono innumerevoli opere che – esaminate tramite l’occhio critico dell’esegesi – sono in grado di raccontare qualcosa dell’essere umano che persino a noi risulta indecifrabile o, quantomeno, di difficile comprensione.
L’arte, del resto, è sin dall’antichità lo strumento che più facilmente offre accesso a una realtà allo stesso tempo vicina e drammaticamente lontana da noi, trattando con una semplicità disarmante tematiche come il senso della vita, il rapporto con la fede, la paura della morte e dell’annullamento.
Non dovrebbe sorprendere, quindi, che – iniziata la lettura di un manga come Takopi’s Original Sin (che già nel suo nome racchiude la sua essenza) – la sensazione che si prova è quella di trovarsi di fronte a un’altra opera che vuole “togliere il velo di Maya” e raccontare con occhi disincantati una storia sul significato della dicotomia felicità-tristezza.
Tuttavia, giunti alla fine della trama (racchiusa solo in due volumi per un totale di 16 capitoli più due extra), curiosamente tutte le certezze sul tipo di lavoro compiuto da Taizan5 si infrangono, rendendo ancora più desolante, se possibile, la sensazione di vuoto incolmabile che si prova dalla prima pagina del manga dell’artista emergente giapponese.
Takopi’s Original Sin è, a discapito delle sue premesse, una storia che non vuole insegnare nulla se non che l’uomo è una creatura incomprensibile, il destino è ineluttabile, il male esisterà sempre e la violenza, non istintiva, ma calcolata (sia essa verbale o fisica) è uno dei tratti distintivi che differenzia gli umani dagli altri animali.
Allora, come mai arrivati a fine lettura ci siamo commossi così tanto per la storia di questo manga?
Grazie a Star Comics, che ne ha curato l’edizione italiana, finalmente anche noi abbiamo potuto leggere la prima fatica di Taizan5. Scopriamo insieme, tramite la nostra recensione, la bellezza di un’opera unica nel suo genere.
Il peccato originale
L’incipit della storia di Takopi’s Original Sin è piuttosto bizzarro: la buffa creaturina Takopi, abitante del Pianeta della Felicità, arriva sulla Terra, dove si incontra con Kuze Shizuka, una piccola studentessa delle elementari dall’aria triste e malandata.
Il compito di Takopi, una volta conosciuta la situazione di Shizuka, diventerà quello di far sorridere la ragazzina grazie agli innumerevoli (e improbabili) gadget della felicità che provengono dal pianeta dell’alieno.
Tuttavia, presto Takopi si renderà conto che non è tramite un oggetto che si può sorridere genuinamente, né tantomeno esistono dei rimedi immediati al male e al dolore.
Shizuka, infatti, è vittima di bullismo da parte dei suoi compagni e – in particolar modo – da Marina Kirarazaka, la ragazza più popolare della classe, che continua a prendere di mira Kuze in maniera subdola e aggressiva, spesso anche violenta.
Mettere un cerotto sopra una ferita aperta non fa che acuire il dolore e Takopi, un essere innocente e totalmente ignaro dei sentimenti più negativi dello spettro delle emozioni, sembra totalmente inerme di fronte a un ciclo di sofferenza apparentemente senza fine.
È proprio la realizzazione di impotenza che porterà Takopi, nel più shakespeariano dei colpi di scena, a commettere il suo “peccato originale“: ciò che sorprende, oltre all’atto in sé – che non spoilereremo, nonostante rappresenti l’inizio dell’intreccio – è la spaventosa sensazione di estraniamento che assale il lettore nei primi capitoli dell’opera.
Da una pagina all’altra, si passa da un sentimento di gioia e divertimento a sconforto e sgomento; il racconto non permette delle pause di riflessione, i fatti si susseguono con una brutalità e una semplicità sconvolgenti.
La prima parte del manga mette a disagio chiunque voglia affrontarne la storia, è disturbante la scelta di vedere un mondo così crudele con gli occhi innocenti di Takopi che, oltre a non comprendere la tragica realtà in cui è capitato, cerca di porre rimedio a situazioni disperate in una maniera talmente naif da ispirare sia tenerezza che disdegno.
Una domanda quasi spontanea che potrebbe assalire la mente di un lettore è: per quale motivo l’autore vuole farci così male? Quale sadico divertimento prova nel ferire in maniera così chirurgica le flebili certezze su cui si basa la nostra vita?
Proprio nel quesito appena menzionato risiede la potenza narrativa della prima prova di Taizan5. Non esiste nessun piacere, l’artista non ha intenzione di provocare un dolore psicologico ai suoi lettori, perché quello che commettiamo sin dal principio – capiamo nel corso della lettura – è un errore di prospettiva.
Infatti, sarebbe quantomeno semplicistico pensare che la trama di Takopi’s Original Sin voglia semplicemente metterci a disagio tramite una “spettacolarizzazione del dolore”, spiegandoci così gli orrori del bullismo.
Procedendo con i capitoli del manga, la visione sulla realtà dei fatti non solo cambia, ma evolve, progredisce, fino ad arrivare al punto che noi stessi dubitiamo della nostra morale e di ciò che abbiamo pensato dall’inizio fosse giusto o sbagliato.
Emblematica, in questo senso, la figura di Marina, personaggio che – nel corso della trama – diventerà progressivamente sempre meno cattiva ai nostri occhi, fino al punto in cui non si potrà non provare una sincera empatia per lei.
Senza fare troppe anticipazioni sul “cambiamento” di Marina nel corso dell’intreccio, è curioso notare come la sua crescita non rispecchi il cliché del personaggio cattivo che si redime per i propri errori, tutt’altro.
Grazie a un sapiente uso di una narrazione ciclica degli eventi da parte dell’autore, non è infatti il miglioramento di Marina che la rende una persona diversa, più apprezzabile, in quanto la ragazza rimane la stessa dall’inizio alla fine della storia.
Ciò che cambia è, piuttosto, il concetto di “sfera di potere“, che entra prepotentemente in gioco nella contrapposizione tra l'”eroina” Kuze e l'”antagonista” Marina. Nel momento in cui i rapporti di forza tra le due cambiano, il lettore viene guidato da Taizan5 verso una diversa interpretazione della trama e dei personaggi.
A quel punto, una nuova serie di dilemmi e domande ci assalgono: forse, dunque, non sono i protagonisti a essere i “buoni” e gli antagonisti a essere i “cattivi” in Takopi’s Original Sin?
Anche in questo caso, tali quesiti non solo non trovano risposta ma, arrivando alla fine del secondo volume che ne completa l’opera, si rivelano come dei dilemmi completamente inutili.
In una storia che ci permette di riflettere su quanto il male alberghi nell’animo umano, non è comunque l’autore che vuole insegnarci qualcosa, non esiste nessuna spinta moralista all’interno di Takopi’s Original Sin.
Ci troviamo di fronte a un racconto completamente a-morale anzi, nel quale siamo noi a dover trarre le conclusioni, a cercare un senso a quanto abbiamo letto, a scegliere la nostra verità dei fatti.
Il finale del manga non spiega niente più del necessario, non ci racconta che dobbiamo essere migliori gli uni con gli altri. Certo, c’è uno scioglimento, un lieto fine che – oltre a commuovere per la sua dolcezza, incredibilmente in contrapposizione con il resto della storia – in un certo senso dona pace alle sofferenze dei protagonisti.
Sicuramente, sia Kuze sia Marina hanno in qualche modo compreso che l’unico modo per porre fine alla sofferenza è cercare una connessione empatica e raggiungere una reciproca comprensione.
Tuttavia, sono proprio gli eventi che portano al finale a restituire il vero senso del lavoro di Taizan5: la situazione non cambia, non c’è una vera e propria maturazione delle due, è quasi una casualità a portare un po’ di tranquillità nella vita di entrambe. Proprio nelle ultime pagine, le righe scritte dall’autore pongono l’accento sull’inevitabilità del male, su come certi accadimenti non possano essere fermati e non esista una vera soluzione a determinati problemi.
Questo vuol dire che nessuno cambia davvero e che solamente ciò che avviene fuori dal nostro controllo può portare a un miglioramento della nostra condizione?
Anche in questo caso, non esiste una risposta corretta: siamo noi a dover capire cosa farne nella storia di queste due giovani ragazze che soffrono per motivi diversi e per colpe non loro. L’unica certezza è che, arrivati al sedicesimo e ultimo capitolo (non considerando i due extra), tutto il dolore che abbiamo provato dall’inizio della trama sparisce per far posto a una gioiosa malinconia, un sorriso amaro tra le lacrime per un lieto fine che, purtroppo, non cambia la realtà di un mondo crudele.
Perdere l’innocenza
Uno degli aspetti su cui più si poggia Takopi’s Original Sin è il concetto di innocenza, esplorato (anche in questo caso) da una moltitudine di prospettive.
Oltre ai punti di vista di Kuze e Marina (a cui si aggiunge quello del piccolo Takopi), nel corso del manga abbiamo la possibilità di assistere alle vicende anche con gli occhi di Naoki Azuma, compagno e presidente di classe delle due protagoniste femminili.
Tramite la storia di Azuma, una sorta di ago della bilancia tra i due poli opposti caratteriali quali sono Shizuna e Kirarazaka, è possibile esplorare da vicino la tematica della perdita dell’innocenza.
Da sempre all’ombra del fratello maggiore, la vita di Naoki cambia irrimediabilmente per essere direttamente coinvolto nel “peccato originale” che dà il via all’intreccio.
È molto interessante osservare come il ragazzino non venga particolarmente sconvolto dalla svolta inaspettata degli eventi, ma che anzi – a parte un momento di sgomento iniziale – accetti di vivere con la consapevolezza di quanto successo e di trovare delle soluzioni che permettano a lui e Kuze di non rovinarsi la vita.
A differenza di Takopi, che ignora le terribili conseguenze di certi atti, Azuma (in quanto essere umano) è perfettamente consapevole del crimine commesso, ma egli – sentendosi per la prima volta utile a una causa – decide di tacere. Nemmeno l'(in)voluzione di Shizuna cambia qualcosa e Azuma è in grado di redimersi solo di fronte alla tragica rovina della sua famiglia.
È interessante osservare che sia Naoki, sia Kuze, sia Marina abbiano delle vicende familiari drammatiche alle spalle e, per questo motivo, i tre ragazzini sin dall’infanzia hanno dovuto fare i conti con il male del mondo.
Vivere in una realtà complessa nella quale gli adulti non sono in grado di risolvere i loro problemi da soli ha condizionato irrimediabilmente le menti dei bambini, che non riescono a vivere la loro età con la giusta spensieratezza. La loro felicità è costantemente minata da oppressioni e angherie casalinghe o, ancora peggio, con l’assenza di figure genitoriali che possano fare da guida ai loro figli.
La violenza dei genitori, sia essa fisica (nel caso di Marina) o psicologica (quanto succede invece a Naoki), ha compromesso per sempre l’innocenza dei bambini, che non sono in grado di distinguere bene e male o, anche se ne sono capaci – come nel caso di Azuma – non vogliono fare la cosa giusta.
Anche Takopi perde l’innocenza durante la storia, esattamente come i tre protagonisti umani del racconto. Da uno status di purezza e candore, il piccolo alieno commette un grave crimine e l’autore sembra suggerire che la motivazione sia che dal suo arrivo sulla Terra Takopi è entrato a contatto solo con uno degli aspetti peggiori degli umani (e più autentici), ovvero la violenza.
Siamo quindi delle creature senza speranza? L’innata violenza che alberga dentro di noi è destinata a condizionare ogni evento delle nostre vite?
Takopi’s Original Sin, in realtà, vuole dimostrare l’esatto contrario. Se è vero che non possiamo fuggire dalla nostra naturale tendenza al male (come altri capolavori letterari nel passato ci avevano insegnato), da quanto emerge nel racconto, ognuno di noi ha la possibilità di essere differente.
L’empatia, la capacità di ascolto, di dialogo, il non guardare egoisticamente solo al nostro bene ma cercare di avvicinarsi ai bisogni altrui: questi atti di gentilezza spontanea e (ironicamente) di umanità sono in grado di rimediare anche al nostro peccato originale e riconciliarci nuovamente alla nostra innocenza fanciullesca.
Un’opera diversa dalle altre
Finora ci siamo concentrati solamente sull’analisi della trama stratificata e complessa di Takopi’s Original Sin, in quanto un lavoro simile riesce a toccare con schiettezza e brutalità una serie di tematiche difficili da raccogliere completamente in una singola recensione.
Tuttavia, gli aspetti tecnici del manga non sono da meno e meritano un approfondimento, in quanto Taizan5 ha dimostrato di non essere solamente un narratore promettente, ma anche un creativo di grande livello.
Il character design è semplice ma efficace: il tratto dell’autore può apparire insicuro e confuso in alcune tavole, ma proprio per questo motivo risulta particolarmente calzante a un tipo di storia come questa, ricca di pathos e concitazione.
Inoltre, la sensazione è che i personaggi trasmettano, grazie allo stile in cui sono disegnati, la loro stessa personalità. Per esempio, se Kuze appare spesso ombreggiata in volto e caratterizzata da contorni meno definiti, Marina ha un aspetto molto più pulito e il suo design è essenziale, composto da poche linee nette.
Ciò che stupisce di più, tuttavia, è la sceneggiatura della storia: l’autore gestisce sapientemente il suo spazio di lavoro e la progressione delle tavole fa sembrare l’impalcatura narrativa quasi un “montaggio” cinematografico: sono tante le metafore visive che troviamo nei vari disegni e le transizioni da una pagina all’altra riescono ad arricchire la trama di innumerevoli sotto-testi.
Più di una volta siamo stati colpiti dagli elementi visivi ricorrenti che fungono da ponte tra due scene e persino i movimenti delle mani dei personaggi non sono quasi mai lasciati al caso, restituendo svariati messaggi sullo stato d’animo dei personaggi e su dettagli di trama mostrati dall’artista.
Tirando le somme, Takopi’s Original Sin è un’opera per tutti? Sì e no. Sicuramente, chiunque potrebbe trarne importanti spunti di riflessione sulla condizione umana e su quanto le nostre azioni possano fare del male agli altri, raccontate da un occhio cinico e disincantato, che nulla sembra volerci insegnare, se non a guardare meglio dentro noi stessi.
Tuttavia, l’opera prima di Taizan5 non è un manga di semplice lettura. I temi trattati dalla recensione sono solo alcuni di quelli che emergono dalla trama. Infatti, capita più di una volta di doversi soffermare su alcune tavole per comprenderne meglio il significato o, peggio, interrompere la lettura per la pesantezza di alcune questioni sollevate nella storia.
Il consiglio è quello di affrontare Takopi’s Original Sin solamente se consapevoli di immergersi in una lettura tanto piacevole quanto dolorosa, avvincente ma anche filosofica e riflessiva, in grado di farci cambiare (forse per sempre) lo sguardo sul mondo nel quale viviamo.
Quanto a Taizan5, non vediamo l’ora di scoprire quali altri lavori abbia in serbo per noi e quanto sarà in grado, in futuro, di stupire con una storia genuinamente straziante e meravigliosa come quella del viaggio di Takopi alla scoperta delle componenti più fragili e autentiche dell’umanità.
In chiusura, vi lasciamo ad altri nostri interessanti approfondimenti, come la recensione del manga di Blue Box e la recensione di Kaiju No.8.
#INBREVE
TAKOPI'S ORIGINAL SIN IN BREVE: UN CAPOLAVORO DILANIANTE
La bellezza di Takopi’s Original Sin è innegabile. Si tratta di un manga in grado di colpire allo stomaco per la sua capacità di scavare a fondo nelle nostre paure più recondite. Dove può portare la violenza umana? Esistono limiti al nostro desiderio di rivalsa? Quanto male può fare vivere in questo mondo? Questi sono solo alcuni dei quesiti (senza risposta) che affronta l’opera di Taizan5, il quale, con il suo primo lavoro, dimostra un’innata propensione nel raccontare con estrema facilità questioni spesso difficili anche solo da immaginare.
Un lavoro brillante, straziante, riflessivo, che negli anni assumerà i contorni del classico moderno e che verrà ricordato come uno dei tentativi più riusciti di guardare l’umanità da una prospettiva diversa. Un manga di tale portata non può che essere consigliato a tutti coloro che vogliono affrontare una trama introspettiva e filosofica, dolce e brutalmente sincera, trovando qualcosa di nuovo e affascinante a ogni rilettura.