The Stanley Parable – Perle videoludiche da scoprire
The Stanley Parable, la persistenza di una riflessione
Con la diffusione della Deluxe Edition tra i giochi di gennaio 2025 su PlayStation Plus, The Stanley Parable è tornato dopo quasi quindici anni al centro dell’attenzione del pubblico. Ed è giusto che sia così, a nostro avviso: The Stanley Parable è un gioco che si dovrebbe giocare, nonché rigiocare saltuariamente, per consentire al giocatore che è in noi di separarsi dalla sua solita routine di narrazione, istruzioni, obiettivi da raggiungere e simili, costante di qualsivoglia gioco ci si pari davanti. Questo perché il gioco si sviluppa attorno ad una riflessione ben precisa, che farà da sfondo ad ogni singola run che intraprenderemo. E ciò che è incredibile è che con tale riflessione The Stanley Parable sarà sempre, incredibilmente attuale.
“Questa è la storia di un uomo di nome Stanley”
Nato come mod di Half-Life 2, il titolo è stato rilasciato come esperienza stand-alone nel 2013, periodo storico in cui le esperienze story-driven rappresentavano una grossa parte dell’offerta videoludica. The Stanley Parable sembra non fare eccezione, dato che le prime parole che sentiremo dal narratore ci introdurranno al personaggio di Stanley e alla sua storia. Egli è un impiegato d’ufficio che vive una vita molto, molto monotona, ma a lui sta benissimo così. Ogni giorno, qualcuno gli dice cosa fare, che tasti premere e lui serenamente esegue, godendo della sicurezza della ripetizione e prevedibilità. Insomma, Stanley era felice.
Questo prima di un evento molto particolare: improvvisamente, i suoi colleghi, i suoi superiori, tutto lo staff ed ogni dipendente scompare. Cosa fare, dunque? Un uomo con una vita estremamente monotona vive tutto d’un tratto una variazione molto rilevante nella sua vita. Improvvisamente, Stanley si trova costretto a scegliere in prima persona. Forse. Il narratore, infatti, è sempre presente, ed è pronto a comunicare la storia del protagonista. “Tutto quello che devo fare, Stanley penso fra sé, è solo un piccolo passo fuori dalla porta. Se posso attraversare questa, posso attraversarle tutte”. E Stanley esce. Forse. D’altronde, chi può darci la sicurezza che Stanley, nel suo primo momento di possibile intraprendenza reale, segua ancora altre istruzioni dall’esterno? Solo perché c’è un narratore, la storia va seguita pedissequamente? Forse, stavolta e per una buona volta, no.
The Stanley Parable? Non è un walking simulator non è un walking simulator non è un walking simulator non-
“Walking simulator”. Un genere videoludico caratterizzato dall’esplorazione di determinati ambienti. La storia, dunque, è scandita dall’operato del giocatore, che scoprirà o meno determinati aspetti della storia “nascosta” dietro le sue scelte, agite poi attraverso il protagonista. The Stanley Parable rientra in questo particolare genere, ma lascia al protagonista l’opportunità di poterlo sovvertire, o almeno averne la percezione. Al comando di Stanley, potremo infatti scegliere di non seguire per nulla la proposta narrativa che ci viene elargita con dovizia dal narratore, onnipresente e sempre pronto a commentare ciò che faremo. D’altronde, cosa vuol dire scegliere, in un videogioco? Quando siamo al comando di un personaggio, quanto siamo realmente liberi, soprattutto quando il titolo in questione vuole donarci una storia? Essere destinatari di un racconto significa essere prigionieri dello stesso?
In effetti, questo è ciò che il narratore continuamente ci suggerisce. Perché uscire dai binari di una storia costruita apposta per noi? Perché andare oltre ciò che è stato scritto? Semplice: perché ne abbiamo la possibilità. Per affermare il più possibile un certo livello di indipendenza. Durante la nostra partita, ciò si traduce in un battibecco tra le nostre azioni e il narratore, arrivando ad un finale diverso in base a ogni scelta che intraprenderemo. Certo, possiamo scegliere di seguire la storia, la nostra libertà è presente anche in questa decisione. Vivremo, però, la medesima esperienza di ogni altro titolo story-driven, in cui siamo “schiavi” di un racconto. Quest’ultimo può essere meraviglioso, sognante, incredibile, ma il prezzo da pagare è la dipendenza da esso.
Dove possiamo arrivare, sovvertendo la narrazione ed il genere?
La domanda appena posta trova una risposta molto diretta e chiara: dovunque, finché il gioco ce lo consente. Questo perché, ovviamente, il contesto è caleidoscopico: se è vero che siamo così liberi al punto da negare al nostro narratore la storia che vuole raccontare, è anche vero che siamo limitati dai paletti imposti dalle possibilità inserite da chi ha sviluppato il titolo. La riflessione sulla nostra indipendenza al di là del racconto cozza inevitabilmente con la realtà.
Ciò però non pesa affatto: vi sorprenderà vedere dove le vostre decisioni autonome vi porteranno, quanto le reazioni del narratore alle vostre azioni saranno esagerate, puntuali, decise, dettagliate. L’inganno costruito è molto profondo, e curato nei minimi particolari. Anche scelte che all’apparenza non hanno senso potranno trovare un seguito, alimentando dunque il nostro senso di libertà nello svincolarci dalla storia. I tentativi del narratore di riportarci sulla “retta via” non mancheranno, e il braccio di ferro metaforico che intraprenderemo sarà costante.
Inoltre, anche se è vero che non possiamo essere realmente liberi, essendo comunque confinati nei limiti di un videogioco, è vero anche che i padroni del personaggio siamo noi. La nostra posizione di vantaggio sul narratore sarà perpetua, a differenza di…praticamente ogni titolo. Dunque non resta che scoprire fin dove possiamo spingerci con la sovversione del concetto stesso di racconto.
La nostra piccola rivoluzione universale in The Stanley Parable
Ciò che più colpisce di questo titolo è che la riflessione fulcro della nostra esperienza rispetto alla narrazione resta universale. Giocare The Stanley Parable, infatti, è un’esperienza equiparabile a quei preziosi momenti della nostra vita in cui “rallentiamo” separandoci da tutto ciò che ci circonda, per capire cosa stiamo facendo e quale sia il nostro ruolo.
È come mettersi da parte, volontariamente, per cercare di vedere dall’esterno il senso delle nostre scelte, o di una routine che ci sfianca senza nemmeno accorgercene. Ecco perché, nel suo essere universale, il ritorno di questa riflessione sulle nostre piattaforme è più che giusto: The Stanley Parable è un gioco che, proprio per questo, si dovrebbe giocare, nonché rigiocare saltuariamente.
Classe '92 senza esserne pienamente consapevole, mi nutro di videogiochi, fumetti e prodotti video sin da quando ho memoria. Dato che non finirò tanto presto, perché non discuterne?