Che siate giocatori assidui o saltuari, avete mai considerato l’influsso dei videogame sulla vostra vita?

I videogiochi, oltre a essere una delle forme di intrattenimento più diffuse, hanno un impatto sociale significativo, influenzando profondamente il contesto in cui viviamo e il delicato equilibrio tra divertimento e tessuto sociale.

Il loro ruolo di passatempo popolare è diventato via via sempre più importante, anche grazie alla crescente accessibilità dei videogame, dovuta alla sempre maggior diffusione di piattaforme. Dagli inizi come forme di svago e socializzazione all’interno delle sale gioco, passando per una prima evoluzione in giochi solitari per nerd fino ad arrivare ai giorni nostri, con la vasta disponibilità di console odierna e la conseguente ed inarrestabile evoluzione delle proposte.


Una breve storia videoludica


L’origine dei videogiochi non è, ovviamente, tanto lontana da noi. Tutto è iniziato negli anni ’50 e ’60, quando sono stati condotti i primi esperimenti di simulazione interattiva all’interno di istituti di ricerca ed università.

Tuttavia è stato solo negli anni ’70 che i primi videogame hanno iniziato a prendere forma, con l’introduzione di titoli come Pong, del 1972, considerato uno dei primi successi commerciali nell’industria videoludica. Prodotto dalla Atari come Arcade, ha riscosso un tale successo da spingere la compagnia a realizzarne una versione per console dedicata nel 1975.

Ovviamente oggi come oggi farebbe storcere il naso ai giocatori, vista la sua grafica estremamente semplice e la ripetitività del gioco, ma ai tempi conquistò le masse. Negli anni successivi, poi, l’industria sperimentò una rapida crescita ed evoluzione, con l’introduzione di nuove tecnologie ed il miglioramento delle capacità di elaborazione delle console.

arcade game, videogiochi ed impatto sociale
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Gli anni ’80 sono stati, quindi, caratterizzati da un’esplosione di creatività ed innovazione, con l’emergere di vere e proprie icone del settore, come Pac-Man, Space Invaders e Super Mario Bros. Tutti titoli che hanno contribuito notevolmente a definire il panorama videoludico e, al contempo, a catturare l’immaginazione di milioni di giocatori in tutto il mondo.

Il decennio successivo, invece, ha visto l’avvento dei videogame a tre dimensioni, nonché l’introduzione di console come la PlayStation, della Sony, ed il Nintendo 64, entrambe entrate nei sogni dei più piccoli e prontamente inserite nelle lettere per Babbo Natale. Queste piattaforme, non sempre ben viste dai genitori, hanno dato il via ad una nuova era, che ha portato con sé giochi sempre più complessi e coinvolgenti.

A cavallo tra i due decenni, infatti, sono nate diverse saghe indimenticabili, come King’s Quest, della Sierra Entertainment, e Final Fantasy, della Square Enix. Senza contare che, negli anni ’90, hanno avuto origine i primi titoli multiplayer online, nonché i primi tentativi di creare esperienze videoludiche con una forte componente narrativa e cinematografica.


Demoni mangia cervello o potenti alleati?


Mentre la crescita della loro popolarità nel corso degli anni è indubbia spesso la comprensione dei loro benefici, seppur maturata nel tempo, è ancora sottovalutata. Nonostante ciò, i videogiochi non sono più visti unicamente come un intrattenimento frivolo, bensì hanno assunto il ruolo di potente strumento per lo sviluppo cognitivo e sociale.

Secondo degli studi, infatti, uno dei principali benefici dei videogiochi è il potenziamento della memoria, dell’attenzione e della capacità di concentrazione. Inoltre, i titoli che richiedono strategia e pianificazione possono allenare le abilità decisionali ed il pensiero critico, nonché l’abilità nella risoluzione dei problemi. Molte sfide poste all’interno del videogioco, infatti, possono portare i giocatori a ragionare, spingendoli a trovare soluzioni creative alle difficoltà.

Non stiamo unicamente parlando di quelle proposte di mercato studiate appositamente per i bambini, ma anche di titoli con più ampio raggio, come l’enigmatica saga del Professor Layton. Queste serie, definite videogiochi rompicapo (puzzle game in inglese) ha preso il via con l’arcinoto Tetris, gioco russo uscito nel 1984 e ben presto diffusosi in tutto il mondo.

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Il leggendario titolo, divenuto uno dei pilastri dell’evoluzione videoludica, ci porta anche ad un altro punto fondamentale dell’apporto positivo dei videogiochi: la coordinazione mano-occhio. Molti giochi, infatti, richiedono movimenti precisi e tempestivi, portando il cervello a sviluppare la coordinazione e ad aumentare la velocità di reazione del soggetto.

Quanto sviluppato nella realtà virtuale ovviamente non rimane confinato allo schermo, ma viene riproposto quotidianamente, apportando notevoli benefici alla persona (una sorta di level up, insomma).

Oltre a migliorare le capacità individuali, i videogame possono anche essere utilizzati come strumento educativo e di formazione. Ne è un esempio lampante Minecraft, titolo incredibilmente versatile sfruttato sia come gioco di sopravvivenza e costruzione sia nelle scuole, per riprodurre grandi eventi storici come il grande incendio di Londra o per spiegare nozioni di chimica e scienze. L’impatto sociale positivo dei videogiochi, dunque, non riguarda solo il singolo individuo, ma anche la società nel suo complesso. La comunità, infatti, li può sfruttare a proprio vantaggio per ampliare l’offerta formativa o altre sue strutture.


Il lato oscuro del mondo videoludico


Eccoci arrivati alle note dolenti. I videogiochi pur offrendo intrattenimento e sfide stimolanti, presentano anche una serie di rischi, con un impatto sociale da non sottovalutare.  Il primo tra tutti, quello in cui è più facile incorrere è, senza dubbio, la dipendenza.

Molti aspetti devi videogame, infatti, possono ammaliare i giocatori, andando a tamponare le loro insicurezze ed incantandoli con una vita che, pur non essendo effettivamente reale, lo può diventare.

Chi non si è mai sentito rassicurato dalla possibilità di rinascere a seguito di una dolorosa morte?
O non ha trovato conforto nell’opportunità di costruire il proprio aspetto fin nei minimi dettagli, e senza dover ricorrere ad interventi di chirurgia?
Chi non si è lasciato affascinare dalla facilità con cui si possono ottenere riconoscimenti in un videogioco?

Ebbene, questi ed altri aspetti dell’intrattenimento videoludico possono ingannare le persone. Facendole sentire appagate per i loro successi ed inducendole a sviluppare una sorta di dipendenza da quel senso di beatitudine che ne deriva.

videogiochi impatto sociale
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Ovviamente non si tratta di un passaggio diretto: gioco ad un videogame e ne divento dipendente. Questa sorta di problematiche nasce dove trova terreno fertile. Spesso e volentieri la mente dei giovani, martellata dalle aspettative disattese dei parenti, è più incline a cadere nella trappola di queste sirene informatiche.

Incantati dai successi ottenuti, spinti ad immergersi sempre più in questo mondo irreale dal desiderio di sentirsi forti, indipendenti e di successo, molti/e ragazzi/e cedono all’impulso di giocare, lasciandosi alle spalle quel mondo in cui non si sentono realizzati.

È, comunque, giusto spezzare una lancia in favore dei videogiochi. La questione della dipendenza, infatti, non è nata con essi. La vera origine di questa piaga è da ricercare in una società che non spinge le persone a godere della propria esistenza, ma le induce a mettersi sempre in discussione, mai soddisfatte di quel che hanno. Dunque, non è eliminando i videogiochi che si può risolvere questo annoso problema, dato che esso è ben più antico del mondo videoludico stesso.


Le interazioni con gli altri giocatori


Un altro impatto sociale da non tralasciare è la questione del cyberbullismo nei videogiochi. Spesso e volentieri, infatti, nei multiplayer online, giocatori più esperti tendono ad adottare atteggiamenti intimidatori nei confronti dei “novellini” (noob).

Proprio a causa di comportamenti aggressivi e sgradevoli attuati da alcuni, i videogame, che prevedono l’interazione tra più persone, hanno introdotto filtri nelle chat. Parolacce, bestemmie e quanto di più basso ed infido possa partorire la mente di un utente, che gode dell’anonimato del web per sfogare le proprie frustrazioni, può ora essere bloccato.

Una categoria che fin troppe volte risente di questo sgradevole atteggiamento è quella delle cosiddette gamer girl. Ragazze e donne di qualunque età, che amano giocare a videogiochi di varia natura, infatti, si trovano facilmente nel mirino dei bulli.

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Vuoi perché un tempo il campo dei videogiochi era puramente un’esclusiva maschile, vuoi perché alcuni ragazzi/uomini si sentono minacciati dall’incursione femminile nel campo geek, fatto sta che la vita non è semplice nemmeno nel mondo irreale per una donna.

Molte giocatrici hanno denunciato questo tipo di atteggiamenti in diversi titoli MMORPG, videogiochi realizzati appositamente per incentivare l’interazione tra utenti. Tristemente, infatti, spesso nemmeno la possibilità di vincere raid contro boss impossibili in solitaria riesce ad unire le persone.

Fortunatamente, per ogni utente bullo ne esiste almeno uno in grado di apprezzare le diversità. Non è impossibile, infatti, incontrare gruppi eterogenei di giocatori, provenienti anche da diverse parti del mondo, uniti per divertirsi.


Videogiochi e sessismo: un connubio perfetto(?!)


Come dicevamo, l’industria dei videogiochi, a lungo dominata da un pubblico quasi esclusivamente maschile, per diverso tempo ha prodotto titoli volti a soddisfare questo segmento di giocatori.

Ultimamente, però, il tema del sessismo nei videogiochi ha guadagnato notevole rilevanza, specie in seguito ad eventi come il Gamergate del 2014, che ha messo in luce tale problematica all’interno delle comunità di giocatori. In quell’occasione, infatti, vi fu una vera e propria campagna di molestie e minacce nei confronti di diverse sviluppatrici da parte di alcuni giocatori.

Nata come una risposta altamente negativa, da parte di alcuni, all’uscita di Depression Quest, videogioco testuale indie pubblicato da Zoë Quinn, ben presto divenne un fenomeno di grande portata. Non presentava né capi, né organizzazione, ma semplicemente richiamava il lato peggiore dei giocatori, riunitisi sotto hashtag #GamerGate. Fattisi portavoce del sessismo e dell’anti-progressismo nella cultura dei videogiochi, questi individui portarono avanti una campagna di intimidazioni contro la sviluppatrice, estesasi, poi, a chiunque la sostenesse.

Zoë Quinn vs GamerGate
Zoë Quinn

Il caso raggiunse dimensioni di tale portata da indurre Quinn a trasferirsi, a causa non solo delle minacce di stupro e morte ricevute, ma soprattutto per via del fatto che venne reso pubblico il suo indirizzo di casa. Quest’ondata di malsana umanità andò ben oltre il punto d’origine, raggiungendo anche altre donne coinvolte nell’industria videoludica.

Fortunatamente, la reazione al fenomeno fu principalmente negativa. Aziende come la  Entertainment Software Association e la Sony si schierarono, infatti, apertamente contro di esso. Se non altro tutto ciò designò l’inizio di una nuova era, in cui la lotta contro le molestie, di qualunque natura, ha ricevuto una maggior attenzione da parte dell’industria stessa. Il che ha direttamente condotto ad una nuova visione dello sviluppo dei videogiochi, più inclusivo sotto ogni punto di vista.

Resta, però, da chiedersi: anche il pubblico si è evoluto, volgendo la propria attenzione verso l’integrazione? A quanto sembra, viste le diverse polemiche nate recentemente riguardo ad alcune protagoniste femminili ed un samurai africano, sembra proprio di no. Per lo meno, non per una certa parte del pubblico.


I videogame, dunque, possono influenzare la cultura e l’identità di una società?


Ebbene, la risposta è: certamente sì. I videogiochi, nel loro ruolo di medium interattivo e di intrattenimento di massa, hanno indubbiamente un impatto sociale non indifferente. Spesso, infatti, ad influenzare direttamente la cultura e l’identità di una società. Non solo la narrazione di gioco può riflettere le sfumature culturali dell’ambiente in cui sono stati sviluppati, ma può anche accadere l’opposto.

Alcuni titoli, infatti, possono avere un impatto tale sul pubblico, da indurre lo stesso a ricreare nel mondo reale quel che più lo ha colpito nel videogioco.

Un esempio alquanto semplice è la nota esclamazione “Let’s-a go!”, diffusa dal protagonista di Super Mario e diventata di uso comune. Talmente conosciuta da essere detta anche da persone che non hanno mai giocato al titolo. Anche espressioni come Game Over, speedrunningLevel Up sono lentamente entrate nel linguaggio comune proprio grazie all’influenza del videogiochi.

videogiochi impatto sociale: la Nuka Cola di Fallout 4

Come non pensare, invece, alla linea di bibite ispirate all’ormai famosa Nuka Cola, bevanda “assaporata” dai giocatori di Fallout 4? O, ancora, al tentativo di portare nelle nostre cucine i piatti visti all’interno di diversi videogiochi, come Skyrim o Final Fantasy XIV, con ricettari pieni di dettagli su come realizzare le pietanze.

O ancora, alcuni videogiochi, basati, anche solo parzialmente, sulla realtà, hanno colpito talmente tanto l’immaginario comune da rendere iconici alcuni luoghi effettivamente esistenti. Ne è un esempio l’isola di Tsushima, che fa da sfondo a Ghost of Tsushima, noto titolo della Sucker Punch Productions.

Senza dimenticare, inoltre, l’impatto sociale di alcuni personaggi di videogiochi, divenuti iconici, come Lara Croft, Mario, Kratos o Pikachu. Orami saldamente entrati nel nostro immaginario, tanto da legarsi indissolubilmente a determinate parole chiave, fanno indubbiamente parte della nostra cultura.

In definitiva, i videogiochi rappresentano un fenomeno complesso e poliedrico, il cui impatto può essere sinonimo di crescita personale e sociale, ma anche fonte di isolamento e problematiche, se non utilizzati consapevolmente. Spetta, dunque, ai giocatori stessi trovare il giusto equilibrio, sfruttando le potenzialità di questo medium senza caderne vittime.

Appassionata di scrittura ed innamorata della cultura giapponese, trovo ispirazione sia nei racconti in cui mi immergo sia nei videogiochi che esploro. Attraverso manga, anime e la ricca tradizione artistica del Giappone, coltivo la mia creatività e la mia curiosità per mondi nuovi e avvincenti.

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